(Recensione di shouldhavebeens dei Tengil)
Il conflitto che da sempre accompagna l'uomo è quello della vita e la morte. In un certo modo mentre viviamo, cerchiamo a tutti i costi la possibilità di "ultra-vivere", di toccare, per pochi attimi, una sensazione d'immortalità. Cerchiamo una specie di connessione con l'universo, vogliamo sentirci parte di una logica che spesso ci sfugge, e vogliamo che in quei pochi secondi l'universo giri intorno a noi, come se tutto dipendesse da noi stessi, dalla nostra estrema felicità che finisce per contagiare tutto. Sono attimi fuggenti ma gli inseguiamo con tutto il nostro essere.
shouldhavebeens è già di per sé un titolo molto significato. "Quello che potrebbe essere stato", quel spirale infinito di possibilità che sarebbero venute fuori se in ogni momento della nostra vita le nostre scelte ci avessero portato altrove e non dove siamo. E questa sensazione di emotività estrema è quello che nutre questo secondo disco degli svedesi Tengil. Questo disco è una trappola che ti porta su una dimensione dove tutto sembra bellissimo, eterno e felice per poi farti ricordare che purtroppo non è così, che anche se "respiriamo la luce eterna portando le stelle nel nostro sangue" quelle stesse stelle sono destinate a morire. Tutto è felice ma allo stesso tempo è irrimediabilmente triste. Tutto è magico come può essere magico un momento da perpetuare eternamente ma quella non è la realtà, quella non è la vera felicità. Per questo questo disco passa da quell'estasi di completa felicità a la nostalgia di sapere che tutto finisce e perisce. Potrebbe essere stato, potrebbe essere successo, poteva essere una vita diversa, ed invece siamo noi che lottiamo contro una logica che non abbiamo mai accettato, che ci è venuta imposta sin dal primo giorno nel quale siamo nati.
Come vedete shouldhavebeens è uno di quei dischi che sblocca le porte, lasciando una via libera a tutta una serie di sensazioni e di pensieri. Punto assolutamente a favore dei Tengil. Se riescono a produrre quest'effetto è perché c'è una grandissima coerenza tra musica e parole, tra il loro modo di essere emotivi, poetici e dissacranti con i testi delle loro parole e quello che viene restituito dalla parte strumentale. Questo disco è un lavoro dove post harcore, shoegaze/blackgaze e tanti aspetti di atmospheric music si mettono insieme. Questo è un disco dove ricorrentemente si va riferimento al "rumore bianco" ed è proprio un'immagine fedelissima da quello che si vuole comunicare, da questi salti dentro del rumore, per poi uscire e capire quanto meravigliosa è la musica. Ecco, questo è un lavoro che esalta i contrasti, è quasi un disco borderline, dove diventa essenziale esagerare tutto quanto, sia la bellezza che la dissacrante verità. Diventa tanto necessario riuscir a creare dei paesaggi sonori bellissimi quanto portare questi paesaggi al limite del rumore fuori controllo. Per quello è anche un disco pieno di dinamica, di frase cantate, e quasi urlate, senza il soccorso di alcun istrumento per poi venire sommersi dalla parte musicale che fa diventare quasi intellegibile qualsiasi parola. Potrebbe essere un disco pulitissimo, potrebbe essere un disco rumorosissimo ma per fortuna non è nell'uno nell'altro. Perché così diventa vivo, reale, uno specchio di quel che siamo.
shoulhavebeens è un disco che ti fa amare la vita, il mondo, la natura, l'universo, le idee poetiche come quello che c'è alla fine dell'arcobaleno, e proprio quando sei dentro a quest'estasi profondo ti ricorda che nulla di tutto ciò è per sempre. Che sia il nostro mondo che i nostri cari e noi stessi siamo destinati a morire. Per quello la musica dei Tengil è piana di contrasti, per quello regala dei momenti di bellezza sublime e altri dove il rumore è l'unica via percorribile. C'è qualcosa di più simile alla nostra vita?
Pesco due brani che sintetizzano al meglio i pensieri che mi suggerisce questo disco.
Il primo è I Dreamt I Was Old. La formula della band viene messa subito in evidenza. Tutto deve arrivare con forza, con quella sensazione che tutto dev'essere pieno, esagerato, che il passaggio dalla felicità alla disperazione è breve e fragile. Che basta un nulla per trasformare il bello nell'orribile e viceversa. Che una vita dalla quale andare orgogliosi può trasformarsi in una catena di errori.
Il secondo è It's All For Springtime. Qua regge la ponderazione, le pause, le oscillazioni. Questo è un brano meraviglioso perché sorprende, perché ogni secondo che passa ci porta in una dimensione che non era immaginabile. E' un brano toccante dove il conflitto che sorregge tutto il disco è più presente che mai, dove la bellezza di avere a che fare con aspetti eterni viene spezzata via dalla certezza che in realtà nulla è eterno. Brano pazzesco.
shouldhavebeens diventa una riflessione su quello che è il nostro mondo, e anche questa è un'altra dicotomia fondamentale. Potrebbe sembrare che questo lavoro sia assolutamente intimo e personale, che sia l'urlo di una persona complessa ma alla fine è soltanto quello che siamo, quello che è il nostro mondo, l'idea dalla quale cerchiamo sempre di sfuggire. I Tengil ci regalano un disco reale che ha senso di essere grazie alla veracità di quello che ci racconta. Viviamo per vivere o per sfuggire alla morte?
Voto 9/10
Tengil - shouldhavebeens
Prophecy Productions
Uscita 13.04.2018