(Recensione di The Future in Whose Eyes? degli SikTh + Intervista a Mikee Goodman)
L'intesa che si crea tra un artista ed il suo pubblico non ha a che fare soltanto con le proprie canzoni e con quello che possono rappresentare per chi le ascolta. Ci sono tanti altri livelli nei quali si crea un rapporto unico che porta a determinare che la musica sia uno dei maggiori tesori che si possano mai abbracciare. E qua non si tratta della disponibilità di un artista o della sua vicinanza al suo pubblico. Parlo di tutta un'altra serie di cose che ti rendono un artista una presenza necessaria, fondamentale ed irrinunciabile. E' lì che scatta la magia.
Per la prima volta da quando scrivo questo blog, oltre a cercar di raccontarvi un nuovo disco, vi porto le parole di una delle menti di questo lavoro. Per quello questa recensione diventa una creatura ibrida dove le parole di Mikee Goodman ci aiuteranno a capire cosa significa per lui e cosa arriva all'ascoltatore di questo The Future in Whose Eyes?, disco che marca il ritorno discografico degli inglesi SikTh.
La prima cosa da dire è che questo nuovo lavoro viene visto dallo stesso Goodman come il migliore fatto fino ad adesso. Mi spiega che questo è perché sente che c'è un insieme di generi messi insieme che fanno di questa nuova opera quella più completa ed interessante fino ad adesso, quella più esaustiva. Dai miei primi ascolti colgo una visione abbastanza oscura di quello che può essere il mondo futuro, un mondo schiavo della tecnologia; Mikee mi dice che non è un disco profetico ma fantascientifico, un disco che cerca di raccontare una storia che non deve per forza essere il nostro avvenire ma che effettivamente immagina la presenza pesante della tecnologia che si sovrappone a qualsiasi forma di umanità.
Oltre a questa visione abbastanza oscura spicca la dimensione visiva di questo disco, che acquista delle vere e proprie caratteristiche di un film, con frammenti narrativi e con uno sviluppo narrativo che fa venire in modo spontaneo una serie di immagini che ci portano a montare un nostro proprio film mentale. Mikee Goodman dice di essere contento di vedere che viene fuori questa dimensione, e quando li chiedo quanto sia importante la parte visiva, visto che oltre ad essere un cantante è anche un regista ed un fotografo, dice che è molto importante, che l'immagine c'è sempre, e deve esserci sempre.
La musica di The Future in Whose Eyes? segue i sentieri tracciati dagli SikTh dove tech metal, progressive metal, math core e djent trovano ampio spazio intrecciandosi in una creatura indefinita che non è alla ricerca di alcuna definizione, anzi, quanto più aperta è, meglio è. Mikke Goodman dice che in più questo nuovo lavoro ha una parte psichedelica, che forse diventa la chiave in questo lavoro, dando ancora di più l'impressione di essere di fronte ad un film che ci catapulta in una dimensione assolutamente diversa per quanto riguarda tempo e spazio. In tutti casi il leader degli SikTh non nasconde la sua preoccupazione di fronte al mondo odierno, dove l'odio sembra essere tangibile e respirabile, portandoci a questi confronti orribili dove vince il terrore (quest'intervista è stata realizzata qualche settimana prima dell'attentato di Manchester). Affrontando anche un'altra tematica recente dice che la Brexit è una fregatura anche se c'è l'incognita assoluta di sapere come sarà il mondo da quando diventerà effettiva. Mi gira la domanda e mi chiede cosa ne penso io e come si vive in Italia riaffermando che è una sconfitta per tutti. Forse per quello questo disco è un disco che immagina un mondo inesistente ancora più terribile, per altri motivi, dal nostro, un mondo che è un'incognita, e per quello è necessario che tutti gli elementi musicali degli SikTh giochino anche con la parte psichedelica, perché non sono una bolla di cristallo ma una storia come ce ne possono essere tante altre, ma, aggiungo io, quando si creano dei scenari così è perché ci sono delle verità nascoste.
Mikee Goodman è un personaggio veramente in gamba, qualcuno che non ha l'interesse di centrare esclusivamente il discorso su se stesso o sulla sua band, qualcuno che anche se ha fatto molta strada non si da arie inutili. Per quello parlare con lui è stabilire una conversazione affabile dove vengono fuori delle storie interessanti, come l'umiltà di Adrian Smith degli Iron Maiden, che, a detta di Goodman, ha dato degli ottimi consigli per The Future in Whose Eyes? oltre a perdersi in chiacchierate sul Watford, squadra del cuore di entrambi. Cosa può centrare tutto questo col nuovo disco degli SikTh? Qualcosa di molto interessante, cioè la capacità di dare la dimensione giusta a quello che è fare musica nel modo nel quale la band fa musica. Questa è un'opera che non ha l'ambizione di cambiare il mondo o di dettare nuove linee guide nella musica. E' "semplicemente" un disco fatto con la passione di sapere che quello che sta venendo fuori è bello, è ben riuscito e rappresenta un passo in avanti dentro ad un percorso. E' questa "umiltà" quello che fa grande questo disco, perché non vuole essere altro che quello che è: una narrazione molto vivida di un mondo inesistente.
Parlando sempre con Mikee viene fuori che i brani che compongono questo disco sono nati in una specie di collage dove ogni membro della band aggiungeva qualche idea fino a trovare il punto giusto, e da questo disco voglio pescare due brani che funzionano molto bene, sia all'interno del disco che separatamente.
Il primo è Vivid. Sorprende, anche nel caso della band non può essere considerata come una sorpresa, la capacità strumentale, il modo di dare protagonismo ad ogni elemento della band. Viene fuori un'altra delle caratteristiche principali degli inglesi, cioè l'intreccio di due voci maschili, deliranti dentro a quell'accavalcarsi estasiato.
Il secondo è Golden Cuffinks. In un certo modo è molto più "melodico" del precedente senza mai perdere le caratteristiche proprie del disco e della band, dimostrando che un disco ben fatto vive diversi momenti d'intensità e d'emotività.
Altri punti che ho toccato con Mikee Goodman sono stati quelli dell'artwork del disco, affidato a Meats Meier, che rispecchia perfettamente le idee della band avendo costruito un'opera monumentale.
Abbiamo anche parlato delle sue collaborazioni musicali, che vedono, tra altri, degli intrecci con Bat for Lashes o il prima nominato Adrian Smith. Il criterio usato da Goodman per fare qualcosa ha a che fare, molto spesso, con l'amicizia. E' per quello che collabora in un brano dei Bat for Lashes, visto che Natasha Khan è fidanzata con uno dei suoi migliori amici e col chitarrista degli Iron Maiden c'è un'amicizia che viene da lontano e che va oltre alla musica.
Parlando dei live ho chiesto se c'erano dei posti dove preferiva suonare. Mi ha detto che suonare a casa è sempre un'emozione unica e ha ribadito qualcosa detto altre volte, cioè che il pubblico italiano e quello spagnolo sono i più caldi, raccontando che l'ultima volta che hanno suonato in Spagna insieme ai Trivium il livello sonoro del pubblico era più alto di quello dell'amplificazione!
Parlare con lui è stato un vero piacere.
Tirando le somme di questo The Future in Whose Eyes? c'è da dire che gli SikTh sono tornati in grandissima forma. La loro musica sembra nata da una concezione quasi psicotica dove c'è un accavalcarsi di materiale, dove c'è un sacco di pienezza. Infatti la loro concezione di quello che è la dinamica ha un modo molto diverso da quello di tanti altri gruppi. Si svuota e si riempe insieme, perché tutto e tutti sono protagonisti. Quando si gioca con queste caratteristica è molto più difficile avere il controllo assoluto di quello che si fa ma questo disco non esce mai dai bordi dando lezione di come si costruisce un'opera maestosa ma umile allo stesso tempo.
Voto 8,5/10
SikTh - The Future in Whose Eyes?
Millennium Night
Uscita 02.06.2017