(Recensione di Psychostasis - Death of Khat degli Shibalba)
Seppur siano passati molti anni tutt'oggi il mondo mitologico ci affascina e ci fa porre delle domande che non sempre trovano risposta. Ancora non ci sono risposte esaustive a tanti misteri legati al modo di vivere, alle costruzioni monumentali, a certe adorazioni divine e al dominio assoluto di certe scienze. Infatti è paradossale che nella sua continua evoluzione l'umanità abbia perso certi periodi lasciando indietro delle lacune che, forse, non saranno mai colmate. Abbiamo solo interpretazioni, giustificate o meno da tesi accademiche, che cercano di spiegare ma che non ci consentono di capire fino in fondo.
Shibalba è un progetto nato con la volontà di ricreare l'effetto sciamanico ed esoterico legato a certe culture. Per quello il loro sforzo è quello di guidare la mente attraverso stati d'ipnosi che permettano di raggiungere certi luoghi dove, diversamente, sarebbe impossibile arrivare. Il nuovo sforzo di questo gruppo greco svedese si chiama Psychostasis - Death of Khat ed è il lavoro del quale mi occuperò nelle seguenti righe.
Con quest'introduzione credo che sia abbastanza chiaro che quello che ci possiamo aspettare non è un disco inteso come una compilation di brani con la classica forma "canzone". Ed infatti sin dalle prime note questo disco ci regala quel esoterismo quasi new age che sembra essere diventato un elemento fondamentale nel lavoro di certe figure professionali. La differenza sostanziale con quei dischi prettamente new age sta nell'alta dose di oscurità che impregna questo disco. Non c'è luce ma il portale che c'invitano ad attraversare è il punto di partenza dentro al mistero, all'incontro con essere sovrumani dotati di poteri eccezionali. Ma andando oltre l'altro aspetto fondamentale e molto interessante è che questo mondo unico è costruito dalla band senza prendere una sola linea guida ma mescolando una serie di elementi che potrebbero appartenere a più culture diverse.
La strizzata d'occhio dei Shibalba è rivolta all'oriente ma così come capita nella storia, dove strani parallelismi sono stati evidenziati tra culture molto lontane, anche musicalmente non tutto quello che sentiamo in questo Psychostasis - Death of Khat proviene dall'Asia. Le contaminazioni presente in questo disco vengono fuori anche in altri modi, uno su tutti: l'utilizzo di strumenti "autoctoni" dell'oriente insieme ad altri "moderni" come le chitarre elettriche, con un utilizzo simile a quello fatto nel drone metal, o i synth che si divertono a ricreare degli ambiente complessi e misteriosi. Per quello un paragone valido sarebbe quello con parte dei lavori dei grandiosi Dead Can Dance, dove l'oscurità ha, ancora una volta, un peso molto importante. C'è da sottolineare però che lo sforzo musicale di questo terzetto è quello di creare un vero stato di trance e non quello di riportare in vita certe forme musicali ormai dimenticate. I Shibalba costruiscono un futuro basandosi su certi elementi del passato.
Un viaggio è sempre un'esperienza illuminante. Se non altro perché ci toglie dalla nostra quotidianità e ci obbliga ad affrontare una serie di elementi nuovi, ad aver a che fare con sconosciuti, a meravigliarci di fronte a cose che non conoscevamo. Anche questo Psychostasis - Death of Khat è così. Non è un disco lineare, è onirico ma anche brutale, è misterioso ma anche una rivelazione. E' questo ignoto che ci viene presentato quello che ci porta ad avvicinarci o a voler scappare via a gambe levate. Ma tutto capita dentro di noi, dentro le nostre teste, poco abituate ad evadere. Per quello il contributo degli Shibalba è prezioso, perché ci regala la possibilità di essere in altri mondi che in realtà ci appartengono.
Un'altra cosa da rimarcare è che tra gli strumenti utilizzati per registrare questo disco ci sono diversi fabbricati con delle osa e certe percussioni sono formate da teschi. Come se questa percezione di oltremondo dovesse essere presente anche così. Per quanto mi riguarda ci sono due brani che mi sono particolarmente piaciuti, forse perché sono tra i quali dove si sente con più chiarezza il lavoro degli strumenti "contemporanei". Questi sono:
La title track che ha anche il compito d'aprire questo disco. Tastiere e cori si mescolano per lasciare lo spazio ad una voce narrante che sembra essere la guida in questa discesa verso gli abissi. Piano piano che scendiamo si apre un nuovo mondo, tribale, oscuro, fatto di ritmi ossessivi sui quali la chitarra trova modo di accostarsi all'idea di rapirci in questo viaggio.
Reanimation of Akh è invece il punto più alto di questo disco. Ancora una volta la base viene affidata alle tastiere che con un suono di arpa si dileguano in una serie di arpeggi che formano il loop ipnotico sul quale un coro di voci maschili ed una chitarra acustica costruiscono un momento di bellezza assoluta. Spegnere le luci, mettersi comodo, alzare la musica e mandare una volta ed un'altra ancora questa canzone è un rimedio contro tutto, fidatevi.
Il fascino di Psychostasis - Death of Khat sta nell'essere un lavoro assolutamente lontano dal nostro mondo. Ma ci vorrebbe molto più Shibalba nei nostri giorni. Lo ci vorrebbe per farci capire che non siamo nulla, o che siamo pochissimo. Lo ci vorrebbe perché l'universo è dentro di noi, e ce lo dimentichiamo costantemente. Meno superficialità e più spirito, meno omologazione e più apertura mentale. E la musica può essere la chiave, come sempre.
Voto 8,5/10
Shibalba - Psychostasis - Death of Khat
Agonia Records
Uscita 30.04.2017