(Recensione di Plastic House on Base of Sky dei Kayo Dot)
La genialità, spesso, è rischiare. La genialità non risponde a regole. Non è prevedibile. La genialità non è ragionata. La genialità è istintiva perché dentro a quell'istinto si cella la ragione e l'emotività. Il leader dei Kayo Dot, Toby Driver, è geniale e lo è sempre stato. Ha corso dei rischi e qualche suo lavoro risulta ostico e di difficile ascolto. Tante altre opere, invece, sono meravigliose e ci hanno segnato la strada su quello che musicalmente ci emoziona e ci conquista. Sia con il gruppo che abbiamo appena nominato, sia con i grandiosi maudlin of the Well, ci sono dei dischi che fanno parte della nostra personale classifica dei migliori dischi di sempre.
L'iperbole nella carriera di Driver è particolare. Anche se, sicuramente, non ha mai assaporato la fama e la gloria, i suoi esordi con ogni nuovo progetto hanno sempre lasciato un segno non indifferente per poi vivere un'epoca ricca di ombre e di maggior anonimato. Parlando dei Kayo Dot potremo cifrare questa tappa nel periodo che va dal 2008 al 2012, dove sono stati sfornati tre dischi rischiosi ed eccessivamente introversi che si distoglievano dalle meraviglie iniziali chiamate Choirs of the Eye (del 2003) e Dowsing Anemone with Copper Tongue (del 2006). La rinascita musica è avvenuta nel 2013 quando Hubardo dimostrò che i Kayo Dot avevano tanto da far ascoltare ancora.
Abbiamo aperto questa review parlando di genialità. Del rischio che comporta essere geniale, della difficoltà che si riscontra nell'interpretare certe mosse. Dopo Hubardo sembrava logico che i Kayo Dot avessero vita facile, che avessero rinnovato la formula del successo. Invece no. Hanno cancellato tutto e sono ripartiti quasi da zero. Hanno abbandonato certi elementi caratteristici della loro musica e hanno abbracciato altre sonorità e, soprattutto, altre intenzioni. Il disco della svolta è Coffins on Io del 2014. Un portale aperto all'elettronica messa a servizio dell'atmosfera noir che la band statunitense voleva trasmettere. Grande rischio, perché dei Kayo Dot che vi abbiamo raccontato c'era ben poco, o, piuttosto, un primo ascolto superficiale poteva far credere che tutto era cambiato, invece, ascoltando con calma, le tracce avanguardiste che hanno sempre contraddistinto il gruppo erano sempre lì, ma avevano cambiato pelle.
La notizia di un nuovo lavoro discografico della band non poteva che destarci curiosità. Cosa avremo trovato in questo nuovo lavoro chiamato Plastic House on Base of Sky? L'estro di Driver avrebbe azzerato di nuovo tutto e ci saremmo ritrovati a codificare di nuovo i suoi messaggi musicali? O, invece, avremo assistito ad un approfondirsi della strada intrapresa nel loro ultimo LP? La risposta è la seconda. Questo nuovo lavoro dei Kayo Dot esaspera gli elementi presenti nel disco del 2014. Non c'è alcuna traccia di quel metal cattivo che s'intrecciava con la parte psichedelica ed esperimentale dei primi due dischi, poi ripresa con Hubardo. Qua non c'è metal, non ci sono suoni distorti, non ci sono ritmi martellanti di batteria. Qua c'è tanta elettronica, ma mixata egregiamente con gli strumenti non digitali, in primo luogo la chitarra di Driver e la batteria di Keith Abrams.
Le cinque tracce che conformano questo nuovo lavoro della band di San Francisco sono molto coerente e legano perfettamente tra di loro. C'è una chiara e concreta intenzione che si rispecchia in tutti i secondi del disco. E' un viaggio attraverso i paesaggi dipinti dai Kayo Dot. Non sono paesaggi semplici, spesso sono luogo senza tempo, più onirici che reali. L'accostamento che viene spontaneo da fare è quello di avvicinare questo disco a certi elementi dei grandissimi Dead Can Dance, o ai Vangelis della colonna sonora di Blade Runner. Ma non è solo quello. Nella quarta traccia, Ring of Earth, è impossibile non pensare ai Talking Heads. Insomma, le sfumature di questo lavoro sono tante, tantissime, quanto gli strumenti presenti. Oltre ai synth, la chitarra e la batteria, precedentemente nominate, sono stati suonati in questo disco: il saxofono, il violino, la viola, il violoncello, il contrabbasso, il clavicembalo, l'organo a canne, il mellotron ed una serie ancora lunghissima di strumenti classici e non solo.
Fare quest'elenco non è una cosa gratuita ma ci aiuta ad illustrare la grande virtù di questo disco. Di fronte a tutta questa serie di strumenti è semplice pensare che questo Plastic House on Base of Sky sia un disco sinfonico, pieno di arrangiamenti. Invece la presenza di questi strumenti viene messa in gioco nella creazione di testure musicali che illustrino ancora meglio quello che il disco vuole raccontare. Il risultato finale è compatissimo, asciutto, corretto.
Come consiglio la traccia, che può servire come accesso a questo lavoro, è la prima Amalia's Theme, brano ipnotico, quasi orientale. Un brano pieno di profumi, di giochi di luce.
Tirare le somme non è semplice. Sono molto gli elementi che vengono soppesati e che possono influire il giudizio. Il primo è la storia della band e le diverse tappe musicali che, come al solito, possono avvicinare o allontanare gli ascoltatori. Se qualcuno ha amato alla follia gli esordi del gruppo allora deve stare alla larga di questo disco. Se, invece, l'aspetto che è stato sempre il più celebrato è quello della sperimentazione senza limite allora questo è un disco validissimo. Lo è, anche, per chi prova urticaria di fronte al metal più estremo ed ama l'elettronica ambient e non invasiva. E' una prova onestissima di genialità di un gruppo che riesce a reinventarsi come se fosse la cosa più naturale al mondo. Come sempre il futuro è imprevedibile ma il presente è questo è bisogna goderselo.
Voto 8,5/10
Kayo Dot - Plastic House on Base of Sky
The Flenser
Uscita 24.06.2016
Sito Ufficiale Kayo Dot
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