(Recensione di Ugly Produce degli King Parrot)
Una delle segnali più importanti che ti portano a capire che stai facendo qualcosa d'importante è la sponsorizzazione di qualche famoso. Capiamoci, non sto parlando di un aspetto economico ma soltanto del fatto che qualcuno "grande" faccia complimenti sulla tua propria strada musicale. Com'è naturale i famosi hanno sempre uno sguardo particolare per scovare certe cose. Sanno che cosa hanno vissuto e qual è stato il processo che gli ha portati ad essere quello che sono, per quello hanno la capacità di capire molto più velocemente quando c'è del talento o meno in qualche artista.
Gli australiani King Parrot sono stati inondati di parole dolci da parte di diversi personaggi essenziali nella storia del metal, come Phil Anselmo. Per quello l'arrivo di questo loro terzo disco, intitolato Ugly Produce, diventa un esame molto esaustivo di quello che sanno fare e del ruolo che piano piano si stanno conquistando. Credo che bastano pochi ascolti per capire come un personaggio come Anselmo vede in questa band quello che lui ama nella musica. Forse la cosa che unisce entrambi questi artisti è il fatto che non esistono barriere dentro quello che fanno. Sono dei pugili pronti a sferrare una serie infinita di pugni che si fermerà soltanto quando il loro rivale cadrà disteso al tappetto. Per quello questo disco non ha sosta, non ha artifici, non ha trucchi che allunghino il brodo. E' una bomba sonora a tutti gli effetti. Una bomba che esplode trascinando con sé tutto quello che c'è intorno. Questo è un disco così diretto che non da il tempo di iniziare a digerirlo che è già finito. Le sue dieci tracce non cercano di conquistare l'ascoltatore, è un lavoro che si ama o si odia, senza alcuna via di mezzo.
Ugly Produce non cerca il alcun modo di essere un disco piacevole, non vuole regalare momenti di apertura. E' dall'inizio alla fine un discorso continuo. E' una overdose di metal mescolato all'harcore. E' una macchina fuori di controllo che non accenna a fermarsi. I King Parrot risultano pesanti, asfissianti e sgradevoli. Non hanno peli sulla lingua e sono pronti a sparare su tutto, sulla nostra società, sul modo di essere di tante persone, sulla non vita che viviamo, o che ci fanno vivere. Sanno che l'unico modo di far diventare effettivo il loro discorso è quello di non usare mezze misure, di sparare fino ad aver scaricato tutto il caricatore. Per quello non c'è uno strumento, o una traccia vocale, che non siano graffianti, agitati e spregiudicati. Per quello ricordano molto il thrash degli anni 90, il punk dei 70 o l'harcore pure questo dei 90. Perché quella energia, messa a servizio di quel messaggio è qualcosa che oramai non si vede tanto. Sembra che nel rincoglionimento generale del mondo ci sia stato anche un modo di tacere tante di queste voci, anzi, si è diventati molto più estremisti, cercano di vivere in modi inesistenti, migliori o peggiori di quello che è veramente il nostro mondo.
Come ho detto prima Ugly Produce è un disco che si ama o si odia, ed è proprio questo il pregio che dobbiamo riconoscere ai King Parrot. Non vogliono risultare simpatici a tutti i costi ma non vogliono neanche essere quella voce fuori dal coro da venerare ed ammirare. Loro cantano quello che vedono, quello che vivono. Cantano il disastro di mondo che è diventato questo mondo. Vanno avanti su quella strada senza voler essere piacevoli, pionieri di qualche corrente di pensiero o altro. Loro non vogliono piacere perché non c'è niente di piacevole dentro di quello che fanno. Sono onesti come pochi, per quello o gli ami o gli odi.
Visto che c'è una grande linea di coerenza tra tutti i brani di questo lavoro è difficile individuarne qualcuna specifica da approfondire, ma per darvi un po' la visione di quello che può essere questo disco pesco la prima e l'ultima traccia.
Entrapment apre questo disco con l'energia in alto sin dal primo riff di chitarra. Ripeto, qua stiamo di fronte agli ereditieri di un modo, più che un genere, di vivere la musica. Per quello questo è un costante bombardamento di 2 minuti e 49 secondi. Il primo round è andato e l'avversario fa già fatica a reggersi in piedi.
Spookin' the Animals è il brano più lungo di questo lavoro, essendo l'unico che supera i 4 minuti. Forse, dentro a quello che è il margine nel quale si muove la band, è possibile affermare che si tratta del brano più "riflessivo" quello che lascia piccoli spiragli dai quali si può, brevemente, respirare.
Non credo che una società perfetta riesca mai ad essere reale, è qualcosa di utopico, ma se ci avviciniamo a viverne una di quel genere è essenziale che si ascoltino tutte le voci possibili, perché quella differenza di vedute molto spesso mostrerà la realtà. In quell'ambito una voce come quella dei King Parrot è fondamentale, perché non cerca di mascherare le cose, le dice come sono e basta. Ugly Produce è brutale ma è vero, e quello è quello che veramente conta.
Voto 7,5/10
King Parrot - Ugly Produce
Agonia Records
Uscita 22.09.2017
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