(Recensione di Seo Mere Saetan dei Dead Woman's Ditch)
Sono un fermo sostenitore della necessità di viaggiare, della necessità di non compiere una tipologia di turismo "tipica" ma di addentrarsi nelle storie dei borghi più piccoli, dei quartieri meno frequentati e dei angoli che, sembrano, non hanno nulla da raccontare, ma che, in realtà, custodiscono gelosi una serie infinita di storie affascinanti. Sono queste storie quelle che riescono molto più facilmente a parlarci della storia di una nazione, del suo popolo, dei suoi luoghi e dell'evoluzione dell'uomo.
I Dead Woman's Ditch sono una band inglese che nasce come il side project del bassista degli Electric Wizard. Da quest'idea originaria molte cose sono cambiate e la band ha acquistato una personalità propria ed affascinante. Dopo qualche demo che ha visto la luce negli anni scorsi finalmente possiamo contare con un full-lenght veramente interessante, dal titolo Seo Mere Saetan. Non sono pochi i motivi che mi portano a trovare affascinante questo lavoro, potrei parlare dell'insieme di influenze che danno vita ad un linguaggio molto particolare della band, potrei parlare agli elementi sperimentali con i quali si gioca in questo disco, potrei parlare del posto dov'è stato concepito e registrato ma partirò da un altro elemento. Quest'elemento, che in un certo modo funziona come collante di tutto il progetto, è l'appartenenza geografica. Senza andare troppo lontano il nome del gruppo proviene dalla loro terra nativa, in concreto da un fosso che si trova nelle Quantock Hills nella contea di Somerset. Questo fosso (ditch) ha origini preistorici ed è stato scenario dell'uccisione di Sarah Walford, da mano del suo marito John nel 1789, atto che è passato alla storia non tanto per l'uccisione in sé stessa quanto per il fatto che il corpo della donna sia rimasto all'aperto, senza sepoltura per un anno ed un giorno. Questo è il punto di partenza dentro all'immaginario oscuro del folklore locale, che regala tutta una serie di storie molto interessanti, terreno fertile per le creazioni della band.
Il vincolo con la propria terra sembra essere ancora più importante perché oltre alla parte musicale che trova influenza per le storie da raccontare, la band ha voluto immergersi quanto più possibile in quelle caratteristiche. Sicuramente è per quello che i Dead Woman's Ditch hanno scelto di aprire uno studio/sala prova proprio al confine di queste colline. Hanno messo insieme una serie di strumenti che hanno dato il via ad una illimitata capacità creativa che ha esteso in modo significativo le frontiere musicali del gruppo. Infatti Seo Mere Saetan, che in inglese antico significa coloni dei laghi marini, è un contenitore di diversi generi che si mescolano con grande maestria. A spiegare questo risultato sta l'idea che tutti i componenti del gruppo apportano le proprie influenze, veramente variopinte e diversificate. E' per quello che sentiamo in modo importante degli elementi black metal ma non disdegnammo di avere anche degli elementi sludge ed avangarde. C'è anche un predominante tocco noir che ricorda la transizione musicale tra gli anni 70 ed 80. Grazie a questa presenza il risultato di questo disco prende una sfumatura nostalgica che dona ancora più mistero a quello fornito dalle storie raccontate. E' anche molto interessante l'utilizzo di registrazioni audio, grazie alle quali sentiamo la voce di scienziati sovietici che parlano del disastro di Chernobyl o la voce di Papa Francesco ce parla della malvagità.
L'orrore ha sempre accompagnato l'umanità. Alla pari delle gesta gloriose si narrano le storie di massacri, di psicopatici, di aberrazioni. Ogni posto ha le sue storie nascoste, storie che nel corso degli anni sono diventate delle vere e proprie leggende. I Dead Woman's Ditch partono dall'oscurità della loro terra per poi andare oltre, come a dimostrare che l'orrore è un colono insaziabile che vuole dominare quante più cose possibili. Seo Mere Saetan ci mette di fronte all'evidenza di quanto rimaniamo catturati da queste storie, forse increduli da dove può arrivare la mente umana.
I due brani che vado a raccontarvi sono un fedele riflesso di quello che troviamo in questo disco.
Il primo è We Are Forgiven e il gioco tra voci pulite, quasi da litania, e quella sporca sembra una battaglia tra bene e male, tra l'anima pura e quella indemoniata. Tutto lo sviluppo sembra dimostrare che la parte "cattiva" ha la meglio.
Il secondo è il brano che chiude il disco. Con i suoi undici minuti e passa, Crusade diventa una riflessione profonda sulla religione e sulla sua responsabilità nell'aver contribuito, e farlo tutt'ora, ad una serie di orrori ingiustificabili. Bisogna evidenziare i controsensi e l'anima tutt'altro che divina di chi, stando al potere, ha permesso tutto questo. Brano intenso, che prende una strada molto più sludge con rispetto al resto del disco.
Con Seo Mere Saetan si parte dal locale, dalle storie con le quali si è cresciuto, per poi ritrovare nella storia universale infinite testimonianze di orrore. Ci sarebbe da chiedersi se non è proprio la mente umana quella che perde assolutamente la propria bussola e permette, esigendo anche di più, tutte queste aberrazioni. Il contributo dei Dead Woman's Ditch è prezioso perché ci scuote e ci porta a riflettere.
Voto 8,5/10
Dead Woman's Ditch - Seo Mere Saetan
Third I Rex
Uscita 27.08.2017
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