(Recensione di Sin dei Trivax)
Qualche volta c'è da dire che la musica non si sceglie ma è lei a scegliere te. Essere musicista non è affatto semplice perché tranne qualche piccola eccezione non si tratta di un lavoro con una retribuzione fissa. Riuscir a vivere di musica è un'impresa non da poco, soprattutto se si sceglie di suonare certi generi che non sono alla portata di tutti ma diventano un po' di nicchia. Ma c'è un altro fattore maggiore che entra in gioco, ed è il fatto che la realtà che possiamo vedere e vivere qua non è la stessa in tutto il mondo. In certi paesi fare certi generi di musica o affrontare certi discorsi è assolutamente vietato e punito dalla legge. Bisogna avere coraggio per fare musica anche di fronte a questi pesantissimi limiti, coraggio e passione.
Qualche mese fa ho avuto il piacere di ricevere a casa il primo cd, auto-prodotto, degli Trivax, band inglese figlia della volontà di Shayan S., chitarrista e cantante iraniano. Il disco si chiama Sin ed è un lavoro pregevolissimo, soprattutto considerando che si tratta di un'opera auto-finanziata. Ma prima di addentrarci dentro a questo disco credo che sia fondamentale accennare alla storia del gruppo. Nati in Iran nel 2009 hanno sfidato le autorità locali suonando un genere assolutamente vietato e mal visto. Una lotta non indifferente che diventa quasi una scelta di vita. Sicuramente la loro esistenza era così fragile da aver fatto decidere al leader della band a cambiare paese e trovarsi in un posto dove fosse più semplice portare avanti il proprio arte, per quello l'Inghilterra è diventata la sua nuova casa, sicuramente molto più tranquilla verso la sua musica con rispetto alla sua nazione natia. Credo che per quello Sin sia un disco che diventa una coronazione di un sogno, una specie di affermazione del genere "ce l'ho fatta" ed anche per quello questo lavoro gira tanto sulla figura del frontman iraniano, principale compositore di quasi tutte le tracce di questo disco.
Ma perché i Trivax erano mal visti nella loro patria? Perché il genere da loro praticato è un black/death metal che questiona pesantemente l'organizzazione globale, sia a livello di società che anche a livello spirituale. E lì dove qualsiasi voce dissidente non merita di esistere tollerare qualcosa del genere è impensabile. Ma la cosa paradossale e che personalmente non capirò mai è che quello che possiamo ascoltare in questo Sin non è affatto scandaloso o brutto. Non è per nulla più estremo di tanti altri gruppi ma rappresenta soltanto un modo di fare musica. Le tematiche sicuramente non sono ottimistiche, non si canta alla bellezza della vita o quant'altro ma chi è intelligente sa che bisogna leggere tra le righe, che i messaggi forti sono spesso dei modi per scuotere le menti, per farsi domande, per questionare tutto quanto con l'intenzione di dare con qualche verità più soddisfacente. Questo disco non ha nulla di blasfemo, d'irrispettoso o di sconveniente. Non è neanche così spinto a livello musicale da sembrare difficile ed inascoltabile. E' un disco cauto dentro al mondo del black/death metal e diventa interessante il suo ascolto.
Com'è il mondo che viviamo in confronto al mondo che vorremmo? Ognuno avrà la sua risposta ma da parte mia è molto ma molto diverso da quello che vorrei. Ed in un certo mondo ho la fortuna di aver vissuto sempre in posti abbastanza tolleranti. Per quello mi è difficile pensare alle realtà dei paesi di ermetica chiusura dove la stessa musica è vista come un atto di perversione. Nel mio percorso ho potuto constatare che in paesi come l'Iran l'entusiasmo che viene generato dal metal è fortissimo e c'è tanta gente che ama alla follia tutto quello che ha a che fare con quel mondo. A questo punto mi chiedo se tutto il proibizionismo non fa altro che aumentare la voglia di musica e di trasgressione. Credo che questo Sin si nutra di quello, della voglia di sembrare ancora più "scorretto" in un mondo dove non deve proprio esistere il peccato. Questa è la terapia dei Trivax che urlano il loro dissenso.
Torno alla musica di questo disco che è quello che alla fine conta veramente e consiglio particolarmente l'ascolto di due brani.
Il primo è Voidstar ed è la traccia più monumentale di questo lavoro andando oltre i dodici minuti di lunghezza. Credo che si senta molto chiaramente quello che dicevo prima, cioè che quello che fa la band non è scandaloso ma, al contrario, diventa anche "usufruibile" da un ampio pubblico. Si nota anche che c'è una certa propensione verso i suoni più old school. Ma quello che abbiamo di fronte è un brano che funziona perfettamente, un brano sentito dove la band dà il meglio di sé.
Il secondo è Deathborne. Più concreto della traccia descritta prima l'ho scelta perché dimostra anche che la band non rimane fossilizzata in un'unica direzione. Mi piace molto il contrasto che si crea tra le chitarre armonizzate e il ritmo di batteria, come se sovrapponessero due discorsi che sembrano diversi ma che in realtà vanno benissimo dalla mano. Bel brano.
Quando potremmo affermare di vivere in un mondo veramente libero? Io non lo so bene ma credo che uno degli aspetti principali per raggiungere quest'utopico ideale è quello della tolleranza totale. Quando ci sarà la piena libertà di esprimere al meglio quello che si sente allora si potrà dire che il mondo sarà un posto migliore. E in quel modo dei lavori come questo Sin non dovranno nascere lontano dalle proprie patrie. Il miglio augurio che posso fare ai Trivax è quello di riuscir a tornare in Iran a vivere della loro musica.
Voto 8/10
Trivax - Sin
Auto-prodotto
Uscita 13.11.2016
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