(Recensione di Death Crown degli Škan)
La modernità sembra essere una macchina senza freni che mangia tutto quello che c'è intorno omologando quando più possibile tutto quello che viviamo. Ne abbiamo dimostrazione nel modo nel quale le risorse del nostro pianeta sembrano essere utilizzate senza alcun scrupolo, non pensando assolutamente alle future generazioni. Ne abbiamo dimostrazione nella mancanza totale di rispetto, e non solo, verso le popolazioni autoctone di un posto piuttosto di un altro. Non ci interessa per nulla salvaguardare la loro identità, la loro cultura, il loro modo di vivere. Ed è un atteggiamento assolutamente sbagliato perché perdiamo la possibilità di aver a che fare con la loro saggezza.
Škan non è soltanto il nome della band della quale vi parlo quest'oggi. Škan è una definizione delle loro intenzioni musicali, del loro modo di concepire la musica. Il loro nome viene dagli indiani Sioux e sta a indicare non soltanto l'occhio di riguardo verso questa cultura ma anche l'importanza della spiritualità, a prescinder dell'accostamento religioso che ognuno voglia dare. Partendo da questa premessa diventa molto più semplice entrare in sintonia e capire fino in fondo il loro primo LP, intitolato Death Crown. L'aspetto fondamentale che bisogna sempre tenere in mente è che siamo di fronte a un disco che cerca, in ogni singolo momento, di rendere questa lettura spirituale di un qualcosa che va molto oltre la singola musica. Le note di questo disco permettono di farci capire che le convenzioni sono sempre dei limiti e che l'ignoto non è soltanto una realtà ma molto spesso diventa anche una barriera insuperabile da parte degli essere umani. Per quello questo disco prova a buttare giù le convinzioni affrontando anche delle tematiche un po' più complesse.
Musicalmente non è semplice definire la musica di Death Crown. Sarebbe molto riduttivo parlare di death metal o black metal perché c'è molto di più nelle note di questo disco. C'è un aspetto quasi etnico senza perciò andare incontro a delle sonorità folk o ambient. Oltre a questo se c'è qualcosa che unisce tutto quanto è la voglia di raccontare l'oscurità, di parlare della morte come un aspetto che non sempre ha avuto lo sguardo necessario e che merita di essere studiata, vista e vissuta anche con altre occhi, come veniva fatto da vecchie etnie. Tutto questo grazie a uno spirito che s'impossessa della musica della band da inizio a fine. A contribuire a questa sensazione c'è il gioco sempre presente tra parti elettriche e quelle acustiche, tra i momenti più spinti e decisi e quelli più lenti e riposati. Ma anche dentro a questa dinamicità non ci sono mai dei dubbi su quello che è la linea seguita dalla band. Cioè quest'approccio molto sentito verso questa profondità spirituale, verso questo sguardo che vuole vedere la musica come quello che è: cioè uno strumento per universalizzare dei messaggi, che devono arrivare precisi e sicuri a tutti gli ascoltatori. E' qualcosa che prescinde dalle lingue, dai generi, dai modi nei quali si suona. Arriva e basta e questo è il grande pregio degli Škan, capaci di spiegare al meglio quello che vogliono spiegare con questo disco.
Death Crown è anche un disco validissimo per tenere presente un altro concetto, cioè quello che la formazione mentale e spirituale di ogni essere umano dovrebbe avvenire in piena libertà, avendo la possibilità di percorrere le strade più congrue ad ognuno senza alcuna imposizione. Purtroppo sappiamo che la nostra realtà è assolutamente opposta. Gli Škan riescono a generare tutte queste riflessioni, e questo ha un valore immenso che fa capire la buona riuscita di questo bell'album.
Due brani selezionati per voi.
Father Qayin, che permette molto fedelmente di capire la dimensione intima di questo disco, soprattutto grazie a quei frammenti acustici che parlano di solitudine, di notte fonda, di fuoco in mezzo al bosco. E poi c'è il trucco, la grandezza che prende il brano per portare questa dimensione a ognuno di noi.
For the Love of Death, brano più esteso, chiusura grandiosa di questo lavoro. Uno dei classici brani che piano piano che vanno avanti ti avvolgono e non ti lasciano più. Un brano che diventa uno dei punti più alti di questo lavoro grazie al modo nel quale si sviluppa e ci parla delle intenzioni della band. Monumentale.
Death Crown diventa così un manifesto, un disco che parte dall'intimità per poi situarsi in tutt'altra dimensione. Questo è un viaggio molto personale e molto toccante. E' un modo di far vedere e capire che il mondo è complesso e va capito nella sua intera complessità. Bellissima prova degli Škan che vi invito ad ascoltare in modo disinvolto e aperto.
Voto 8,5/10
Škan - Death Crown
Ván Records
Uscita 13.04.2018
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