(Recensione di Dawn of Ages di Arduini/Balich)
L'importanza del nome proprio non è minore. Spesso e volentieri ci rifuggiamo dietro a pseudonimi o mettiamo dei nomi che inglobano un progetto determinato invece di utilizzare il nostro nome. Per quello, quando si decide di mettersi completamente in gioco, l'utilizzo del nome proprio diventa molto importante, una sfida da vincere assolutamente.
Oggi vi parlo di un nuovo progetto che prende nome da due dei loro componenti, Victor Arduini, membro dei celebri Fates Warning, e Brian Balich, cantante degli Argus. La loro unione nasce con la voglia di esprimere una grande libertà compositiva senza voler essere, forzatamente, accostati ad un genere in particolare. Il loro Dawn of Ages è il risultato che oggi mi capita di sottoporre ad un analisi più approfondito.
Parto dunque dalla premesse fondamentale che sembra muovere questo lavoro, cioè la libertà assoluta in termini di vincoli musicali con un genere o l'altro. Nello specifico a questo dico viene data l'etichetta di essere un lavoro di doom progressivo, cioè due mondi che sembrano dialogare sempre di più com'è successo di vedere in questo stesso blog, dove in altre occasioni vi ho parlato di dischi di questo genere. La definizione è abbastanza azzeccata anche se, con grande chiarezza, rimane l'evidenza che questo lavoro naviga su acque classiche e non regala molti spunti innovativi. Questa potrebbe sembrare una critica ma non necessariamente lo è. Dobbiamo partire dal presupposto che i due personaggi dietro a questo disco hanno un percorso abbastanza definito dentro ad un certo genere di musica e questo nuovo gruppo non ha alcuna intenzione di allontanarsi da quella terra conosciuta e vissuta. Per lo tanto è sbagliato aspettarsi chissà che rivoluzione sonora ma dentro a quello che conosciamo del percorso musicale di questi due personaggi viene fuori un disco interessante, ben costruito e con dei frammenti molto piacevoli.
Musicalmente bisogna partire da un'altra premessa. Arduini/Balich è un trio, che oltre ai due personaggi nominati precedentemente, vede impegnato il batterista Chris Judge, ma gli strumentisti in realtà sono solo due, Arduini e lo stesso Judge. Questo si traduce nel fatto che questo sia un disco molto studiato e costruito non tanto in sala prove quanto in studio. Dunque, anche se i componenti della band sono tre Dawn of Ages è un lavoro molto ricco di arrangiamenti e di linee di chitarra e basso. Anzi, il peso musicale ricade significativamente su Arduini che sembra trovare pane per i suoi denti. Per quello l'aspetto progressivo è molto presente, con lunghe ed articolare composizioni. Invece per quanto riguarda la parte doom le caratteristiche proprie di quel genere che possiamo sentire in questo disco hanno a che fare con una scelta sonora di ritmiche trascinate e chitarre suonate a basse frequenze. Ripeto che questi due mondi convivono prendendo la linea più classica dei due generi, per lo tanto molte caratteristiche di questo lavoro ci riportano indietro nel tempo, specialmente per il timbro vocale di Balich e gli assoli di chitarra di Arduini.
Dawn of Ages è un disco che traduce l'entusiasmo musicale di due musicisti navigati ce hanno voluto rendere omaggio alla musica che è stata importante nel loro percorso musicale. Per quello non ci sono preclusioni e questo lavoro gioca con una serie variopinta di elementi provenienti da più mondi, ma, anche per quello, il risultato finale ha un'impronta molto classica, a testimoniare qual è la provenienza di Arduini e Balich.
Sin dalle prime note di The Fallen diventa molto chiaro tutto quello che ho cercato di raccontarvi a parole. E' la prima traccia di questo lavoro ed il protagonismo, in tutta la prima parte, ricade sulla chitarra, voce portante del brano. La ritmica è quella doom ma la successione di parti, che lievitano questo brano a più di dieci minuti, hanno la classica caratteristica del rock progressive. La voce richiama senza difficoltà tanti cantanti classici del hard rock e dell'heavy metal.
Nella versione vinile di questo lavoro sono state incluse tre cover. Le prime due vedono come protagonista dei brani dei Black Sabbath e degli Uriah Heep. Ma dal mio punto di visto è la terza cover a essere quella più interessante. Si tratta di Wolf of Velvet Fortune di Beau Brummel, personaggio considerato come il primo dandy della storia. Parlo, dunque, di un brano classico che prende una piega moderna e molto interessante grazie a questa riuscitissima cover.
Tirando le somme questo Dawn of Ages è un lavoro che ritroverà buoni consensi tra gli ascoltatori nostalgici che sentono che il passato musicale è stato il periodo più glorioso del metal. Non solo troverà consensi ma piacerà parecchio, pure, perché è un disco che mescola le carte in modo di essere originale. Invece per chi ricerca un suono moderno e non digerisce tanto certe strutture classiche, questo disco non è quello giusto. Però, sia come sia, si nota che Arduini e Balich si sono divertiti e sono molto contenti col risultato finale. Quello è fondamentale.
Voto 7,5/10
Arduini/Balich - Dawn of Ages
Cruz del Sur Music
Uscita 24.02.2017
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