domenica 9 aprile 2017

Atavismo - Inerte: quando la terra parla

(Recensione di Inerte degli Atavismo)


Ci sono certi posti nel mondo che hanno avuto il privilegio di essere stati la casa di tante culture diverse nel corso degli anni. Questi posti conservano, e vivono, un'eredità che s'insinua con più meno prepotenza essendo parte fondamentale delle caratteristiche locali. L'Andalusia è uno di questi posti, e il passaggio degli arabi ha lasciato un patrimonio culturale, storico ed architettonico impressionanti, di una bellezza estetica unica.

Ho vissuto tre anni in Spagna e sono andato spesso in Andalusia perché ogni città che ho visitato era un piccolo gioiello di gente festosa, di case bianche, del profumo del mare e del sole prepotente. Per quello ascoltando la musica degli Atavismo mi sembra di capire molte cose, di ritrovare quello che ho vissuto in quelle note che ci parlano d'incontri, incontri di passato e presente, incontri di generi, incontri del mondo musicale internazionale e di quello locale. Questo Inerte, che rappresenta il secondo lavoro discografico di questo trio di Algeciras, parla della loro terra senza dover utilizzare parole per farlo. Anzi, le parole si tingono di una poetica brezza in un pomeriggio estivo, tanto preziosa quanto rara.
In questo disco c'è un tocco di passato, c'è un'impronta andalusa che va oltre a qualsiasi cliché, e c'è una pienezza sorprendente considerando che il gruppo ha la classica formazione di power trio.

Inerte

Mi concentro di più sulla musica. Atavismo è indubbiamente un disco progressivo, con lunghi brani che si perdono su vie psichedeliche. Ma non solo, come dicevo prima nella musica di questo Inerte c'è dell'Andalusia in forma molto presente. Per quello c'è sempre uno sguardo rivolto al mondo arabo e l'eredità lasciata in Spagna. Una specie di hard rock che ha trovato uno sviluppo particolare in quella regione. Ma la cosa interessante è che la combinazione di queste generi ha anche un sapore nostalgico, come se a livello sonoro ci sia stata la ricerca di un sound marcatamente anni 70 che mi riporta, in parte, ai lavori fatti da un genio della musica, un tale Luis Alberto Spinetta, che nella sua Argentina ha lasciato dei dischi gioielli che giocano con il rock psichedelico in un modo assolutamente diverso dai dischi anglosassoni. Ecco, anche in questo disco c'è un modo diverso di concepire tutto quanto, e quel modo dipende soltanto del posto da dove proviene questa musica, dall'aria che si respira per le strade di Algeciras e in tutta la regione, qualcosa che sarà diverso da qualsiasi altro posto al mondo.

Inerte è un controsenso, perché di movimento in questo disco ce n'è tanto. Gli Atavismo sono ossessivi, poetici, sfrenati. Hanno quello spirito del primo hard rock di dare un'impronta lisergica a tutto quello che viene suonato. S'immergono così tanto dentro alla loro musica da volerla ingrandire al massimo, come se mettere un punto finale alle loro canzoni fosse un'impresa impossibile. Sono un labirinto di strade strette, di case bianche che salgono e scendono, di profumo d'arancia, di pomodoro e di oliva. Sono il suono fatato che ti porta a cercare da dove proviene e da metterti a ballare nel tuo mondo in mezzo ad altre persone che si muovono come meglio vogliono, lasciando che il corpo risponda alla musica.

Atavismo


Questo disco è formato da cinque brani molto diversi tra di loro. Io pesco i due più lunghi.
Il primo è El Sueño. Acido da sembrare quasi un brano stoner ci presenta un intreccio di voci, punto di forza della band, dove tutti e tre i componenti si danno da fare. Piano piano che il brano si sviluppa da quell'acidità si passa ad una parte psichedelica dove la chitarra trova pane per i suoi denti. Un lunghissimo assolo risulta piacevolissimo perché non è mai virtuoso e pedante, ma è una voce che ci guida attraverso questo "sogno" pazzo.
Il secondo, e brano di chiusura del disco, è Volarás. Anche in questo caso la modernità incontra il passato creando un insieme interessante. Una lunghissima introduzione strumentale lascia poi spazio ad un brano che potrebbe perfettamente essere uscito da qualche disco dei Pink Floyd o dei Rush, lì dove il rock progressivo non è tecnica ma sentimento e fa emozionare. Ancora una volta l'intreccio di voci funziona, soprattutto per la contrapposizione tra quelle maschili e quella femminile. E, anche questa volta, la chitarra prende il posto della voce per "raccontare". Bellissimo.


Inerte mi ha portato dietro nel tempo e mi ha fatto pensare che gli Atavismo faranno dei concerti intensi, che ti prendono e monopolizzano la tua attenzione fino a che, malauguratamente, le luci si riaccendono. Questo perché la loro formula funziona, perché dimostrano di avere un equilibrio tra origini, influenze ed originalità. Il loro rock poteva solo nascere in Andalusia e quell'unicità è preziosa, perché parla della terra. 

Voto 8,5/10
Atavismo - Inerte
Temple of Torturous
Uscita 07.04.2017

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