mercoledì 14 dicembre 2016

Sordide - Fuir la lumière: costruire un nuovo inizio dall'ombra

(Recensione di Fuir la lumière dei Sordide)


Il peso degli eventi ha sempre una traccia fortissima ed indelebile sulle nostre società. Anzi, spesso il potere gioca con quest'immaginario permettendosi di prendere delle misure autoritarie. Viviamo tempi convulsi dove la violenza ed i grandi conflitti hanno preso tutta un'altra piega con rispetto ai grandi conflitti mondiali del passato. E' una guerra capillare, mirata, chirurgica. Ma la considerazione principale da fare è quella di capire come mai si è arrivati a questo punto. Sembra che siamo noi stessi a crescere i nostri propri nemici.

La Francia lo sa bene. Dentro il continente europeo è la nazione più martoriata da questa nuova ondata di violenza. E la musica è pronta a digerire e dare la propria interpretazione di quello che capita. E' il caso dei Sordide, trio di black metal, che dopo un primo LP dal titolo eloquente (La France a peur) (La Francia ha paura), ora ci presente una seconda fatica intitolata Fuir la lumière. Il discorso interessante dietro a questo lavoro è che la loro musica viene messa al servizio di un discorso esistenziale che, evidentemente, risente di quello che succede nella nazione transalpina. Il loro black metal è marcatamente old school ma si nutre di un elemento prezioso: cioè l'elementarità. Non ci sono eccessi, non ci sono ritmiche esagerate, i virtuosismi sono messi a bando; insomma, quello che possiamo ascoltare in questo disco è la concretezza di un trio, basso-chitarra-batteria, che cerca di far passare il proprio messaggio.

Fuir la lumière


C'è molta poesia in questo Fuir la lumière. Anche se le tematiche rappresentano la parte cupa dell'esistenza il modo di comunicare dei Sordide è pieno di registri poetici. Questo lo distoglie dall'immaginario classico del black metal, ricco di riferimenti oscuri, per portarlo ad un livello molto più esistenzialista. Infatti questo lavoro è nettamente in prima persona e parla di delusione, di stanchezza, della sensazione di essere giunti ad un punto senza ritorno dove l'unica soluzione è la ribellione. E', anche, un disco che esalta la possibilità di vedere tutto da un'altra ottica, fuggendo dagli stereotipi e guardando tutto da un'altra ottica, per scoprire nuove sfumature. 
Essendo essenziale l'aspetto lirico la musica funge di perfetto materasso al messaggio di fondo. Anche essa è cupa, violenta ma non eccessiva e, soprattutto, concreta e terrena.

Cosa accade quando si sostiene da tempo che il mondo è sbagliato e gli eventi ti danno ancora più ragione? Il senso di alienazione cresce, la sensazione di non far parte della società diventa la fonte primordiale dei pensieri e bisogna crearsi un mondo proprio. In fondo è questo quello che viene sostenuto dai Sordide. Fuir la lumière è un disco che esalta la separazione tra il mondo "comune" e le sensazioni di qualcuno "diverso". Non solo la esalta ma, molto poeticamente, accentua le cose che si dovrebbero fare per ribaltare questa situazione.

Sordide


Due brani da consigliarvi.
Il primo è L'ombre. Il basso prende il protagonismo nella prima parte, costruendo una linea piacevolissima che sorregge i restanti strumenti. Il testo potrebbe perfettamente essere una poesia di Baudelaire. Poetico, concreto, trascinante.
Il secondo è la title track. Diventa un po' un inno. Al suo interno c'è la frase: "fuir la lumière pour s'éveiller" (fuggire dalla luce per svegliarsi) ed è questo che rende la dimensione del messaggio che c'è dietro. E' un appello a rompere la quotidianità, a questionarsi tutto, a guardare il mondo con altri occhi e con maggiore intelligenza.



Fuir la lumière è un disco effettivo perché arriva brutale come un pugno alla testa di ogni ascoltatore. E' la reazione di chi non ha più paura ed è stufo di vivere in un mondo che va a rotoli. Ed è intelligente perché non proclama un conflitto ancora maggiore, ma auspica un cambiamento radicale, un nuovo inizio che non necessiti più della falsità e del fallimento. E, in fondo, c'è tanta verità in quest'idea.

Voto 8/10
Sordide - Fuir la lumière 
Avantgarde Music
Uscita 05.10.2016

lunedì 12 dicembre 2016

Blacksmoker - Rupture: sopravvivere all'umanità

(Recensione di Rupture dei Blacksmoker)


Parlare di politica è sempre difficile, perché si entra in un terreno pieno di insidie ed idee divergenti che, spesso, non rispondono alla ragione. La storia ci porta a credere che l'evoluzione sociale ci ha portato, purtroppo non in tutto il mondo, a vivere in democrazia. Dunque, in teoria, è il popolo ad aver il potere, è il popolo a decidere chi deve governare e chi no. Personalmente penso che sempre più spesso questa "democrazia" sia finta o, piuttosto, un'orchestrazione perfetta di chi vuole avere sempre il potere. Non parlerò di congiure, complotti o altro, perché significherebbe entrare in un campo minato, ma semplicemente sostengo che la vera democrazia ormai non esiste più.

Rupture


Un'introduzione del genere è dovuta perché i tedeschi dei Blacksmoker, con il loro nuovo album, intitolato Rupture, ci raccontano qualcosa di simile. Nel loro caso questa tematica acquista una forma letteraria, di un racconto che è ricorrente nella storia della musica, cioè il fallimento dell'umanità, rea confessa di essersi lasciata dominare ed annullare dai poteri forti. La manipolazione mediatica ed il fanatismo religioso sono così importante da radere al suolo qualsiasi altro pensiero. Mi verrebbe da chiedere quanto lontano dalla realtà sia questo racconto. Certo, ci sono tante menti pensanti, tante ideologie che fomentano la libertà di pensiero ma se vediamo la grande "massa" di persone, che per fortuna non leggono questo blog, si nota sempre di più un omologazione che si estende a tutti i livelli. Sembra di essere di fronte a tanti cloni mossi dall'ostentazione di uno stile di vita che, ci illudono, è alla portate di tutti dove l'ignoranza fa da padrona. 

Rupture


E' interessante che questo disco dei Blacksmoker mi abbia suscitato tutti questi pensieri ma vado ad illustrarvi cosa troviamo nello specifico in questo lavoro. Come dicevo prima il discorso di Rupture ha una dimensione letteraria, in quanto a che questo disco si dimostra come un racconto dell'aviazione di un protocollo chiamato Ouroboros 86. Un nuovo inizio che non prescinderà di distruzione, perché per creare qualcosa di nuovo bisogna partire dalle cenere. Avendo un incipit così interessante c'erano di fronte diverse vie musicali. I Blacksmoker scelgono quella dell'energia di racconto rabbioso che si traduce in sludge metal. Riff pesanti, suonati tra l'altro da Boris Bilic, ex-Omega Massif, ritmi incalzanti, voce acida. Non c'è spazio per l'ottimismo, per i colori sgargianti, per la speranza. Ormai si è superato un certo limite e non c'è ritorno. Per quello la musica di Rupture è apocalittica, violenta, sporca. 

Rupture


Chi sopravvive alle catastrofi? Generalmente chi è più sveglio, chi pensa con la propria testa e fa di tutto per continuare con la propria vita. Ebbene, la musica di Rupture rappresenta proprio quello. Quelli che hanno la consapevolezza di un'ecatombe ma non stanno mano nella mano aspettando chissà che miracolo che porti alla salvezza. E' un immaginario che ricorda, e richiama, certe cult movie come Mad Max o Terminator. Ma la cosa interessante è quella di chiedersi quanto lontano siamo da uno scenario del genere. 

Blacksmoker


Rupture è un disco massiccio quanto la tematica che affronta. Per quello lo sludge metal è onnipresente e c'è poco spazio a contaminazioni sonore. Per lo tanto è difficile individuare dei brani che si distolgano dal resto o che illustrino più fedelmente questo lavoro. Io cerco di lasciarvi un'impronta importante parlandovi di due tracce.
La prima apre il disco e s'intitola proprio Rupture. Sin dal riff iniziale si capisce quale sarà l'ondata che ci colpirà nei prossimi minuti. Sludge metal con reminiscenze di thrash metal che dipinge l'apocalissi. 
La seconda chiude il disco. E' Room 101 e, forse, rappresenta il brano che più si differenza dal resto. E' molto cinematografico e per certi versi fa pensare ai Megadeth. E' la conclusione perfetta del disco come se fosse la scena finale di un film, dove trasmissioni televisive e radiofoniche illustrano un evento epocale che coinvolge tutta l'umanità.



Con questo Rupture i Blacksmoker regalano un disco apocalittico, visivo ed energico. E' interessante, però, pensare qual è il confine tra narrazione e realtà, tra fantascienza ed attualità, tra l'ipotesi e il vero verso che sta prendendo l'umanità. Così come un buon film riesce a sollecitare il pensiero anche questo disco l'ha fatto, e quello è un gran merito.

Voto 8/10
Blacksmoker - Rupture
Voice of Azram/Beerfuzz Records
Uscita 16.12.2016

venerdì 9 dicembre 2016

Malämmar - Vendetta: quello che viene dopo la distruzione

(Recensione di Vendetta dei Malämmar)


In un romanzo che ho scritto, e che mi auguro veda la luce molto presto, c'è un personaggio che non ama i nomi. Dice che sono delle etichette che ci cuciamo addosso, che sono un modo di essere "catalogabili". Abbiamo sempre necessità di afferrarci ai nomi, di identificare qualcuno, ma i nomi non ce li siamo scelti noi, ci sono stati imposti. Sempre nel mio romanzo questo personaggio rifiuta di comunicare il proprio nome perché quello che vuole che arrivi di sé stessa è la sua essenza, quello che veramente è.

Oggi sottopongo alla vostra attenzione il disco di un gruppo spagnolo chiamato Malämmar. Sono un trio di Barcellona ed oltre al nome della band hanno deciso di dare un titolo solo al LP, che si chiama Vendetta. Volutamente le sei tracce che compongono questo lavoro non hanno alcun titolo. Questo, perché, la band vuole che arrivi un messaggio globale d'insieme e non piccole sfumature collegate ad ogni traccia. Infatti c'è una forte linearità tra tutti i brani, che riesce a dipingere un paesaggio ben definito, come suole accadere con le band che professano la fede nel post metal. Il loro suono è concreto e macinante e si impregna di densità e pesantezza. I propri racconti strumentali non sono felici, non lasciano spazio a timidi raggi di sole che, magari, potrebbero mutare il quadro. 

Vendetta


Il livello dei Malämmar è alto. Le proprie composizioni non hanno nulla da invidiare a mostri sacri del post metal sludge. Personalmente mi riportano alla mente gran parte dei brani strumentali di quella, purtroppo, defunta band chiamata Isis, quando avere un nome del genere permetteva di collegare tutto alla musica e basta. Dunque, suoni pesanti di chitarre corpose e ritmiche trascinanti. Una delle cose che salta più all'orecchio è il tocco pesante del batterista che in ogni colpo imprime una grandissima energia. E' questo il motore inarrestabile sul quale basso e chitarra decorano con cupi colori questo paesaggio spettrale. 

La musica di Vendetta sa di terra bruciata ed insanguinata. Sa non di distruzione ma di quello che viene dopo la distruzione. Sa di aria pesante per via del fumo degli incendi che cercano di radere a terra tutto quello che è esistito. Il punto di vista interessante è proprio la scelta temporale di questo racconto sonoro. Non si "parla" di battaglie, di conflitti, di odio ma del risultato di tutto quanto. E non lo si fa in modo allegorico ma assolutamente narrativo, come se le note dei Malämmar dovessero portare a riflettere su quello che è successo e su come sia potuto accadere. 

Malämmar


Come detto in introduzione c'è la scelta, azzeccata, di non intitolare i brani e di non privilegiare nessuno sugli altri. Per quello in quest'occasione non vi consiglierò alcuna traccia in particolare ma ci tengo a sottolineare un paio di aspetti che aiutano a capire l'operato del gruppo dando una dimensione d'originalità.
Come prima cosa mi piace sottoporvi all'ascolto della prima traccia (I) di solo un minuto e diciassette secondi. E' un intro di chitarra acustica molto bella che non lascia presagire quello che verrà dopo. Molto ben riuscita e sarebbe molto interessante che la band inserisse più spesso dei frammenti come questo. 
La seconda cosa è sempre un brano "collante" che si distoglie dalla potenza ed energia del resto. Viene identificato come (II) è spicca il lavoro della chitarra elettrica. In questo brano gli orizzonti della band si ampliano sensibilmente andando a confinare col post rock ed il shoegaze. E' importante che ci sia perché da un respiro alla concretezza rappresentata da tutti gli altri brani.



Vendetta è interessante. Dobbiamo pensare che si tratta del debutto dei Malämmar, dunque di un lavoro "giovane". E' indubbio che le tracce dei gruppi che hanno segnato la via di questa band si notino molto ma, come ho cercato di farvi capire, viene accennata un'apertura musicale che, se approfondita, può regalare delle caratteristiche uniche. Seguirò con attenzione le vicende di questi ragazzi, perché porteranno belle sorprese.

Voto 8/10
Malämmar - Vendetta
Dunk! Records
Uscita 01.12.2016 

mercoledì 7 dicembre 2016

Shaman Elephant - Crystals: nuovi orizzonti psichelici

(Recensione di Crystals dei Shaman Elephant)


Per qualche strano motivo, nella musica, nascono dei movimenti legati a certe città. Movimenti dove viene sviluppato un discorso musicale particolare e che non ha legami con la storia o con le caratteristiche culturali del posto. Come se, per qualche motivazione misteriosa, una serie di musicisti scegliesse di portare avanti un discorso musicale specifico.

Non ho in mano le informazioni necessarie per affermare se a Bergen, in Norvegia, ci sia un vero e proprio movimento di gruppi che, partendo dal passato, stano sviluppando un genere, o sottogenere, che mescola elementi musicali del passato (soprattutto anni 70) con delle sonorità più moderne. Ma dopo aver ascoltato e parlato con gli ottimi Seven Impale, aver sentito altri esempi musicali che hanno la propria culla lì, adesso mi imbatto in un'altra interessantissima e giovane realtà: quella dei Shaman Elephant.
La cosa interessante è che, di questi gruppi di Bergen incontrati in questo mio percorso, c'è sia un filo comune, che è quello dello sguardo rivolto verso il passato, che una serie di caratteristiche che rendono queste band uniche e piene di grande personalità. Nel caso dei Shaman Elephant, e grazie al loro LP di debutto, intitolato Crystals, la loro particolare interpretazione musicale parte dal hard rock anni 70, soprattutto nel versante psichedelico, toccando certi lidi progressivi, per esempio nella durata dei brani che spesso regalano delle opere di più di otto minuti, per inglobare il tutto in un suono fresco ed attuale di ottima fattura.

Crystals


Infatti Crystals è un disco molto ben suonato che esalta sia le caratteristiche personali di ogni componente della band che una personalità di gruppo. Sorprende, infatti, che questa sia una band "giovane" perché nelle tracce che costituiscono questo loro primo LP si sente una grande coerenza e comunicazione d'insieme. Grazie a ciò le sei tracce del disco passeggiano senza problemi tra l'hard rock, il rock psichedelico, il rock progressivo strizzando, volentieri, l'occhio al jazz. Detto questo potrebbe sembrare che i Shaman Elephant siano rimasti inchiodati ad un passato musicale che, ormai, dev'essere superato. Invece non è così. La loro capacità di mettere insieme questi elementi viene messa in gioco con la volontà di creare qualcosa di moderno e attuale. Loro usano delle sonorità, soprattutto per quanto riguarda il riparto di tastiere, che rimandano indietro nel tempo, e si avvalgono di una certa estetica del passato ma il risultato che poi ne viene fuori è moderno. E' bello sfogliare le loro canzoni per scoprire tracce di questi ultimi quarant'anni di musica. 
C'è da sottolineare l'eccellente livello strumentale di ogni componente della band. La chitarra ha quel virtuosismo sporco e sentito alla Hendrix, il basso richiama il suono celebre di grandi maestri come John Paul Jones, le tastiere ingrandiscono lo spettro musicale dando un tocco jazzistico e psichedelico e la batteria funge da collante tra tutti questi elementi. La voce da quel tocco di personalizzazione grazie ad un timbro dinamico impregnato di hard rock, ricorrendo, quando necessario, a delle armonizzazioni molto ben riuscite.

Crystals è un viaggio lisergico alla portata di tutti quanti. E la cosa interessante è che non si limita ad omaggiare o imitare i capi saldi del passato ma aggiunge una serie di elementi moderni a questa concezione, portando il genere a toccare nuove spiagge. E' un lavoro originale, che non stanca perché è costruito con elementi molto diversi che presentano un bel ventaglio di strutture e di giochi strumentali. E' un lavoro che gioca con la costruzione di avventure psichedeliche che trovano concretezza nella forza dei riff, spesso e volentieri suonati all'unisono.

Shaman Elephant


Tre le canzoni che vi lascio come suggerimento perché vi ronzino in testa.
La prima è la title track. Trascinante, mette subito le carte in tavola. Ci presenta un disco pieno di giochi tra spazialità e concretezza. Fa evadere la mente per poi rimetterla su binari ben predefiniti.
La secondo è Tusco, unico brano strumentale del disco. E' grazie a questa traccia che si può apprezzare facilmente il profilo jazzistico della band. Ma così come la loro musica è ricca di contaminazione anche questo aspetto lo è. Infatti il loro è un jazz alla Mahavishnu Orchestra.
Per finire vi segnalo la traccia di chiusura, Stoned Conceptions. E' il brano più lungo del disco, oltre dodici minuti, nei quali l'intercalarsi tra parti asciutte e altre molto energiche crea un'odissea sonora che avvicina questo brano a celebri canzoni epiche regalando il tocco più prog di tutto il disco.


Con Crystals i Shaman Elephant si presentano al grande pubblico in modo eccelso. E' un disco pieno di energia ed entusiasmo che ci dimostra, ancora una volta, che in Norvegia succedono cose grandi. Questo è un disco che cattura gli amanti dell'hard rock nella sua accezione più grande e che non sfigura mai, anzi, regala nuovi orizzonti. Molto bello.

Voto 8,5/10
Shaman Elephant - Crystals
Karisma Records
Uscita 09.12.2016

lunedì 5 dicembre 2016

OvO - Creatura: l'orrore per le strade

(Recencione di Creatura degli OvO)


Qual è lo scopo finale di un gruppo, di un disco o di una canzone? E' una domanda molto difficile da rispondere perché non esiste un'affermazione unica ed incontestabile. Ogni musicista può avere le proprie motivazioni che possono, anche, cambiare nel tempo. Quello che è sicuro, però, è che una volta che quest'idea è chiara bisogna coinvolgere tutte le energie in quella direzione decidendo come farlo. C'è chi si avvale delle possibilità tecnologiche più sofisticate. Chi, invece, basa tutta la forza sulle proprie capacità. Anche qua entriamo dentro ad un tunnel dal quale è difficilissimo uscire.

Creatura


Gli OvO sembrano vivere in una contraddizione complessa. Cercano di fare quanto più possibile con risorse essenziali. Sono in due ma suonano come se fossero una band nutrita. La batteria si basa in solo tre pezzi ma da l'idea di quelle batteria imponenti nate nell'era del prog. Riescono a sfruttare al massimo le possibilità effettistiche che il loro sound è dinamico senza mai cadere nella banalità. Il loro nuovo disco, Creatura, ci regala una nuova dimostrazione di tutto ciò. Non soltanto, visto che parliamo di contraddizioni eccoci una nuova dimostrazione del fatto che questo duetto italiano non è ne noise, ne punk, ne indie, ne metal, ma nello stesso tempo è tutto quello ed altro. Quando questo succede per me c'è una sola spiegazione possibile: non sono i generi a "schiavizzare" la band ma sono loro a mescolare le carte fino a tirar fuori quello che si propongono. La loro musica è proprio una "creatura" mostruosa che viene fuori da qualche film cult dell'orrore. Esoterismo cosmico e demoniaco, ecco che cos'è questo essere, e per quello la loro musica suona come suona.

Creatura


Creatura è un disco che conferma la perfetta sintonia tra i due componenti degli OvO, Bruno Dorella e Stefania Pedretti. La loro capacità di essere diretti, dinamici ed assolutamente complementari riesce a colmare quel, eventuale, spazio vuoto dovuto alla loro essenzialità. Anzi, l'essere in due da una marcia in più nella forza del loro discorso musicale. La loro musica non necessita di decodificazione perché arriva diretta, così com'è. Contrariamente con tanti altri dischi questo Creatura non ha bisogno di ascolto su ascolto per essere capito ma già dalla prima riproduzione fa capire perfettamente di che pasta è fatto. Forse questo è l'aspetto più punk della loro musica. La parte noise, invece, viene data dal loro suono, dal trattamento al quale vengono sottoposti chitarra e basso. Il metal, in cambio, si manifesta nelle loro ritmiche ed in un certo punto estetico. Naturalmente qua si cadde nel solito conflitto su quello che è veramente il metal, un universo così ampio dove convivono delle realtà troppo distanti tra di loro. Ma ce ben altro nella musica degli OvO e questo è la parte più difficile da spiegare. Le loro canzoni hanno qualcosa di sintetico e di malato. E' un'apocalisse moderna fatta con un cuore ancestrale. Un po' come il cyber terrorismo, azioni moderne fatte con lo spirito ribelle del passato.

Creatura


Infatti Creature convive in quel insieme di mondi. C'è qualcosa di ancestrale ed allo stesso momento di estremamente moderno. La musica degli OvO è tribale, oscura ed acida ed ha la grande capacità di raccontare delle finzioni che potrebbero tranquillamente essere molto inserite nella nostra società. Il loro sguardo è rivolto a quello che si nasconde perché orrendo, a quello che non si deve sapere perché svela gli orrori dei quali l'uomo è capace. La loro musica fa pensare a tutti gli esperimenti scientifici finiti male. Per quello non cerca assolutamente di essere "gradevole".

OvO


I miei consigli per approcciarsi all'ascolto di questo disco vanno a le seguenti tracce.
Satanam,che apre il disco. E' un direttissimo, concreto, che non si perde per strada. Inizia con una registrazione di un cantico tribale per poi sprigionare tutta la potenza di un cantato urlato e di una ritmica martellante.
Buco Bianco. E' la canzone più lunga di questo lavoro. Per quello è quella che ha un maggiore sviluppo orizzontale. E' ipnotica con il suo ritmo incalzante ma moderato e con la sovrapposizione di voci che improvvisamente si fermano per poi riprendere. 
March of the Freaks. Il brano che chiude il disco si costruisce su un fraseggio che potrebbe perfettamente essere rubato al trip hop. E' la sua ossessività che accompagna tutto il brano in un loop lunghissimo a dare quest'idea di una marcia inarrestabile che ha per protagonista degli esseri mostruosi che vivono la loro propria vita lasciandosi guidare dall'istinto, invadendo tutto.



Creatura centra assolutamente il bersaglio dimostrando la capacità degli OvO di usare al proprio piacimento le loro capacità musicali senza sentirsi per forza legati ad un genere piuttosto di un altro. La loro Creatura è un riflesso di tutto quello che non va nel nostro mondo. Delle cose nascoste perché scioccanti. Per quello non è soltanto una loro creatura ma, in fondo, è figlio di tutti noi.

Voto 8/10
OvO - Creatura
Dio Drone
Uscita 09.12.2016

venerdì 2 dicembre 2016

Bethlehem - Bethlehem: pronti ad affrontare il vostro lato oscuro?

(Recensione di Bethlehem dei Bethlehem)


Chiudere gli occhi di fronte a certe cose sembra, spesso, la soluzione che cancella quello che si ha di fronte. Tutti proviamo orrore o paura di fronte a certe immagini, situazioni o sentimenti e vorremmo non dover mai affrontarle. Forse è una buona prassi affrontare le nostre paure o prendere una minima famigliarità con le cose che ci scioccano. Non è semplice ma è necessario, perché il mondo non è colore rosa.

Prophecy Productions


BethlehemBethlehemI tedeschi Bethlehem hanno il grande pregio di essere stati i propulsori di un nuovo sotto genere chiamato dark metal e questo loro nono album, omonimo, permette fedelmente di capire il perché di questa definizione. La loro musica si tinge di tutto quello che ha a che fare con la parte oscura del mondo. Ma sarebbe sbagliato pensare a cose metafisiche o spirituali. La parte oscura cantata dai Bethlehem è quello che ognuno di noi ha all'interno. E' quella parte che ci toglie il sonno e che ci domina accecandoci. Per quello diventa molto più viscerale ed onesta, perché, in fondo, ci appartiene. 


In questo nuovo disco i Bethlehem hanno rimescolato le carte dando una nuova personalità alla band. Questo grazie all'ingresso nella loro formazione di due nuovi musicisti, il chitarrista Karzov e la eccentrica cantante Onielar, già nota al mondo del black metal grazie alla sua band Darkened Nocturn Slaughtercult. Da questo insieme di elementi viene fuori un'insieme musicale che va a pescare negli origini della band, che quest'anno festeggia i suoi 25 anni d'esistenza, per metterlo in equilibrio con i nuovi contributi degli ultimi arrivati.

BethlehemBethlehemAttraversando questo disco i Bethlehem ci guidano magistralmente dentro agli inferi interni di ognuno. Si passa dallo strazio alla pazzia per circondare la violenza. Questo è un disco di sofferenza ma anche di vendetta, di irrazionalità. Tutti elementi da inglobare nella definizione di dark metal. La cosa interessante è che,l'approccio della band tedesca a questi particolari lidi, non è scontato o facile. Non si basa su ritmi martellanti monopolizzati dalla doppia cassa, da distorsioni oscure di chitarra e di voci urlate. No, la loro costruzione è ricercata e spazia tanto, fino al punto di poter affermare che la parte musicale si muove in uno spettro molto ampio che va dal black metal alla dark wave. Su questo tappetto musicale si adagia la voce di Onielar brava ad essere la portatrice più viscerale e sentita dei sentimenti musicali della band. La sua voce è sofferente, violenta ma anche ipnotica e stregata. Costantemente voce e musica si cercano, si allontanano e tornano ad essere un discorso unico, indugiando ulteriormente in quel campo dell'insanità mentale.

Bisogna essere coraggiosi e non avere dei pregiudizi per capire fino in fondo questo disco. Un primo ascolto superficiale potrebbe creare una reazione di allontanamento tra i musicisti e gli ascoltatori ma l'invito che vi faccio è quello di, da una parte, cercar di capire il perché di queste sonorità e, d'altra, di ascoltare oltre alla superficie. Per chi farà così questo Bethlehem si svelerà un disco che ha la capacità di denudare il nostro lato oscuro con una poetica musicale molto interessante.

Prophecy Productions

Per rendervi conto di questo di quello che è questo disco come al solito mi permetto di suggerire qualche traccia.
La prima è Gängel Gängel Gang. Sembra una filastrocca maledetta. Un relato tribale fatto da una strega. E' alienante e oscuro. Ossessivo e dissacrante. 
La seconda traccia che vi consiglio è Arg Tot Frohlockt Kein Kind. Questo brano permette di apprezzare la complessità dentro al suono della band tedesca. E' un brano sicuramente molto oscuro che musicalmente passeggia tra metal, rock gotico dark wave, con un cantato lineare che, invece, proviene più dal black metal.
Per finire vale dare un ascolto a Kein Mampf. Brano musicalmente assolutamente associabile alla dark wave che, ancora una volta, viene espanso dalla voce.



Questo nuovo disco dei Bethlehem regala delle profondità sonore che profumano di oscurità. Sono i contrasti quelli che ci parlano del messaggio del gruppo e di quello che noi siamo, perché quelli stessi contrasti fanno parte di noi stessi e di quello che siamo, anche se cerchiamo di nasconderlo. Avvolte fa bene affrontare la nostra parte oscura.

Voto 8,5/10
Bethlehem - Bethlehem
Prophecy Productions
Uscita 02.12.2016

giovedì 1 dicembre 2016

As A Conceit - Frown Upon Us: oltre all'energia c'è tanto altro.

(Recensione di Frown Upon Us dei As A Conceit)


Nella musica è sempre più difficile trovare esempi di quello che è "attuale". Il tempo scorre così velocemente che quello che in un istante sembra nuovo un attimo dopo è completamente superato. Viviamo in un costante bombardamento di generi nuovi che nascono dalle ceneri ancora fumanti di qualche altro genere che dava l'impressione di essere "nascente". 

Per quello è molto difficile dire cos'è nuovo e cosa non lo è ma penso che possiamo definire i As A Conceit come una band che riflette perfettamente il significato di "nuovo". Il loro primo LP, intitolato Frown Upon Us, è un bel compendio tra generi e sottogeneri del metal e dell'hardcore. C'è un'impronta chiara che ci riporta a questa seconda decade dei duemila, ed è la sonorità massiccia che viene fuori come risultato finale. Infatti questo disco prende dall'harcore quell'energia inesauribile che regala una tracklist frenetica che non permette quasi di fiatare tra un brano e l'altro. La grazia, però, della musica di questa band veneziana sta nelle contaminazioni sonore che provengono piuttosto dal metal. Le ritmiche frenetiche si intrecciano con delle chitarre che potrebbero tranquillamente essere pescate dal djent e per un nostalgico come me è anche netta la presenza di elementi di death metal melodico evoluto negli anni per arrivare al risultato di quest'oggi.

Frown Upon Us


Non sono solo questi gli elementi presenti in questo lavoro dei As A Conceit. Frown Upon Us gioca molto con i contrasti che si creano tra l'energia strumentale e la voce, prevalentemente hardcore, ed altri elementi molto originali. Un esempio su tutti e il mirato utilizzo di cori costruiti con tante voci che riescono a dare l'idea di freschezza, di un certo tipo di festività di grande coinvolgimento tra musicisti e pubblico. Infatti è facile immaginare l'energia che la band mette sul palco e delle risposte che cerca nel pubblico, imprescindibile in questa specie di "rito". Sono molto piacevoli, d'altro canto, le linee di chitarra pulite e molto spaziali perché riescono a regalare un aspetto più ambient alla concretezza del suono della band veneziana.

La musica dei As A Conceit è un fiume in piena che travolge e ti porta dove vuole. E come fa il fiume con l'acqua lo stesso effetto fa la band con il suono. Frown Upon Us è una barriera sonora che ti cattura e ti illude di avere pochi minuti di respiro nelle parti, poche, più lente ed intime per poi catapultarti in mezzo ad un evento unico dove è meglio lasciarsi andare e non opporre alcuna resistenza. 

As A Conceit


Per farvi un'idea di quello che si trova in questo disco vi consiglio d'ascoltare le seguenti tracce:
La prima è Boneheads. In questo brano si racchiudono tanti elementi specificati prima. C'è un intro ambient, uno sviluppo assolutamente energico ed un intermezzo corale.
La seconda è Autunno. E' un brano strumentale al quale si aggiunge una registrazione vocale e permette di evidenziare l'anima più "gentile" della band capace di costruire paesaggi sonori interessanti.



Frown Upon Us regala un lavoro molto energico, che andando oltre la superficie, svela una complessità interessante costruita con elementi che non trovano un collegamento logico e diretto, e questa è la grande forza di questo lavoro, perché ci regala un disco molto originale. I As A Conceit sono riusciti a creare una loro personalità, cosa non semplice ne immediata. 

Voto 7,5/10
As A Conceit - Frown Upon Us
Famined Records 
Uscita 02.12.2016