domenica 21 maggio 2017

Danzig - Black Laden Crown: il tempo fa guardare indietro

(Recensione di Black Laden Crown dei Danzig)


Uno degli elementi più caratteristici del mondo del rock e dell'heavy metal è la personalità dei suoi protagonisti. Praticamente ogni grande star che si ricordi ha un modo di mettersi di fronte al mondo che è unico ed inimitabile. Bisogna per forza creare controversia e dibattiti, perché fa parte del gioco. Chi fa questo genere di musica non ha peli sulla lingua ed è molto intelligente, abbracciando così delle linee di pensiero sicuramente molto lontane da quelle "normali" ma con una serie di giustificazioni che lo fanno diventare inattaccabile. Per quello oltre ad amare la musica si finisce per amare i personaggi. 

Black Laden Crown

Glenn Danzig è sempre stato imponente. La prima immagine che ho di lui è quella del video dal vivo di Mother. Quella mole di uomo che intimidisce tutti quanti con la sua presenza dove, senza dover fare alcun gesto clamoroso, monopolizza l'attenzione. Non ha bisogno di quasi nulla per farlo, vederlo è vedere un personaggio che ha una sicurezza impressionante, un qualcuno che sa cosa fa e perché lo fa. 
Riconosco che avevo perso un po' le tracce del buon Danzig e per quello l'uscita di questo Black Laden Crown mi sembrava la volta buona di capire cosa avesse combinato in questi ultimi anni e che linee stesse seguendo. Il risultato è molto particolare, perché ascoltando questo disco mi sembra d'aver fatto un salto indietro nel tempo, più o meno fino agli anni di Danzig III: How the Gods Kill. C'è da dire, però, che una traccia del tempo c'è, e che la voce di Glenn denota che sono passati ben 25 anni da quel disco. 

Black Laden Crown

Questa sensazione di ascoltare qualcosa assolutamente in linea col passato di Danzig viene fuori dal suono che impregna questo Black Laden Crown. E' sempre questo heavy metal oscuro ma, in un certo modo, festoso. Molto compatto, senza alcun spiraglio a qualsiasi genere di sorprese. Mai troppo veloce o aggressivo ne mai troppo lento o lagnoso. Sempre pieno di chitarre alla Zakk Wylde, di una base ritmica solida ma mai protagonista. Su tutto questo campeggia la voce di Glenn Danzig che dev'essere per forza il protagonista indiscusso di ogni traccia. Una piccola critica da muovere in quel senso è che la voce è eccessivamente alto con rispetto agli altri strumenti. Indubbiamente si tratta di una scelta ponderata ma lo stacco tra base strumentale e il cantato, per un ascoltatore come me, è eccessivamente distante. Per il resto sembra veramente essere tornati indietro di un quarto di secolo.

Black Laden Crown

Non nascondo che l'ascolto di Black Laden Crown mi ha generato un po' di conflitto. Da una parte mi ha fatto molto piacere ascoltare dei suoni che mi hanno ricondotto indietro nel tempo ma d'altra mi è sembrato forzato sentire che tante cose siano rimaste congelate nella musica di Danzig. E tutto ciò è strano perché in realtà certi suoi lavori avevano fatto capire che c'era una grande apertura e la volontà di distaccarsi da quello che era il suo passato musicale. In questo disco invece sembra che ci sia la volontà di approfondire la linea che lo ha reso celebre nella sua tappa post Misfits, lasciando così spazio ad una serie di conflitti emotivi. In altre parole questo è un disco bello ma che sarebbe stato molto più bello se fosse stato creato tanti anni fa. Al giorno d'oggi sembra un po' decontestualizzato prendendo le sembianze di un esercizio di nostalgia. 

Danzig

Prendo due canzoni da questo lavoro.
La prima è The Witching Hour, brano che ricorda le cose più intime della band, quei brani che giocano con la falsa riga di essere delle ballate quando in realtà non è così. C'è sempre quel velo di nostalgia misto ad una grande oscurità che sono ormai diventati un marchio di fabbrica. 
La seconda è Pull the Sun. E' una canzone che funziona molto bene perché è assolutamente orecchiabile, perché rimane impressa. Infatti non credo che sia un caso averla lasciata per la fine di questo disco. Unica critica, la voce è eccessivamente sopra a tutti gli altri strumenti. Con un missaggio diverso sicuramente avrebbe reso ancora di più.



La domanda che mi sorge ascoltando questo disco e scrivendo queste linee è se questo Black Laden Crown sia un disco scritto e cantato da Glenn Danzig o se invece lo è dal suo personaggio, da quel Danzig diventato un'icona per la sua immagine, per il suo modo di cantare, per le tematiche che ha sempre trattato. E' difficile capire qual è la linea sottile che divide entrambi i mondi e quando si è più da una parte che dall'altra. Per quello questo disco è conflittuale, almeno per uno come me. A tratti mi ha soddisfatto molto, a tratti mi è sembrato una forzatura. Sarà che la nostalgia del passato ha anche attaccato Danzig.

Voto 7,5/10
Danzig - Black Laden Crown 
AFM Records
Uscita 26.05.2017

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