(Recensione di Threnodies dei Messenger)
Un elemento molto ricorrente all'ora di dibattere sulla musica è quello della novità. Qual'è la chiave per non suonare scontato, per dare qualcosa che ancora non è stato inventato? Sicuramente la tecnologia è stata sempre di grande aiuto e certe cose che si fanno oggi erano impensabili anni fa. Ma non basta. Serve altro per essere originali, per regalare un aspetto per il quale valga le pena l'ascolto di un disco. Quella è la sfida grande e lì sta la vera capacità di una band di lasciar traccia o di passare senza gloria.
Threnodies dei Messenger è il disco al quale sottoponiamo questi quesiti. Lo facciamo perché sin dall'inizio quello che ascoltiamo è un insieme complesso che fa venire in mente tanti nomi sacri del passato e tanti generi che s'intrecciano con una sorprendente freschezza. Basterà per essere un disco da celebrare? Vediamolo.
Una premessa fondamentale va fatta. Threnodies è un disco si ispira alla sensazione globale causata dagli attentati di dicembre del 2015 a Parigi. Era facile cadere nella tristezza spicciola, o nei messaggi di pace un po' troppo forzati. Invece la band lo fa con un'eleganza impeccabile, costruendo canzoni articolate che traducono in poesia quest'evento così scioccante. E', dunque, un disco triste, un disco che si tinge di un blu nostalgico che gira più di qualche volta verso il nero. Il grande pregio della band, però, sta nel riuscir a far di questo lavoro un lavoro dinamico, un saliscendi di emozioni e di momenti musicali molto variegati. Si capisce velocemente che l'impronta essenziale dei Messenger non sta nella musica dei nostri giorni ma bensì in quel rock progressivo e psichedelico degli anni 70. Non è per niente difficile scovare dei ricordi sonori dei Pink Floyd. L'intelligenza del gruppo sta nel non chiudersi in queste sonorità per non diventare una band anacronistica e quasi ridicola. Tutto quello che condisce questo punto di partenza riesce a regalare dei momenti musicali veramente interessanti che ampliano notevolmente gli orizzonti del gruppo. Non c'è un brano simile a quello che è appena finito, non ci sono linee guide irrinunciabili e per quello questo disco diventa molto interessante. E'un lavoro da dissezionare e da guardare con la lente d'ingrandimento.
La prima traccia Calyx è il perfetto esempio. La prima parte si sviluppa con delle sonorità che potrebbero richiamare la musica dei Radiohead per poi immettersi in una carreggiata che confina col metal, creando un momento strumentale bellissimo, intenso ed ipnotico.
E se pensate che i paragoni finiscano qua basta ascoltare l'inizio della seconda traccia, Oracles of War, per capire che non è così. Il brano inizia con un riff pesante ed acido di chitarra che fa venire in mente i Black Sabbath, con meno cattiveria ma sempre loro. Arriva la metà del brano e si azzera tutto. Un bellissimo arpeggio di chitarra ci fa venire in mente prima gli Anathema, poi i Porcupine Tree per poi prendere spazio nell'immaginario post rock.
Quest'esercizio si ripete in tutte le traccie del disco. Celestial Spheres ricorda molto i Dark Suns ma non solo. A tratti si potrebbe pensare che si ha a che fare con qualcuno degli ultimi lavori dei Pain of Salvation.
Insomma, Threnodies è un contenitore ricchissimo che coglie i frutti variopinti di una fitta foresta musicale. Il rischio è di creare un pasticcio sonoro di difficile digestione e qua sta la vittoria dei Messenger perché non è proprio così. Ascoltando questo disco si capisce la capacità del gruppo nel pescare all'occorrenza quello che serve di più per la costruzione di questo lavoro. Combinare tutti questi elementi non è facile ma la band riesce a farlo magistralmente.
Possiamo rispondere adesso al quesito iniziale dicendo che i Messenger si sono assolutamente guadagnati l'ascolto e che apportano novità e, soprattutto, tanta qualità al panorama musicale attuale.
Voto 8,5/10
Messenger - Threnodies
Inside Out Music
Uscita 22.04.2016
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