(Recensione di The Mountains Are Beautiful Now di GlerAkur)
Che cos'è l'arte? Perché dopo anni ed anni di civiltà l'arte continua a esistere avendo una forza imparagonabile in qualsiasi altro elemento? Perché c'è gente nata per regalare nuovi elementi all'arte? Perché le diverse discipline artistiche s'intrecciano, si cercano, si mangiano, si contaminano? Una società senza arte è una società vuota, misera, anemica e sterile. Le emozioni che si provano di fronte all'ascolto di certa musica, all'osservazione di certi film o di certi quadri, alla lettura di certi romanzi o racconti, sono delle emozioni uniche ed imparagonabili. Perché? Perché, semplicemente, l'arte è vita e senza arte non c'è più vita.
The Mountains Are Beautiful Now è un titolo pazzesco, di una bellezza da far venire la pelle d'oca. E' un estasi di felicità raggiunta, la consapevolezza di essere arrivati a trovare il proprio paradiso in terra. Ma dietro a questo titolo c'è tanto altro, c'è cultura, c'è storia e c'è la personalità complessa di un musicista che poco a poco si svela al mondo: GlerAkur. Di lui vi avevo già parlato circa un anno fa, quando la Prophecy Productions, una delle case discografiche più lungimiranti che ci sia, mi diede modo di ascoltare in anteprima un EP meraviglioso intitolato Can't You Wait (recensione che potete leggere qui). Solo tre canzoni mi hanno messo di fronte a certe sonorità mai ascoltate, ad un insieme di note che avevano la capacità di trasportare l'ascoltatore e di portarlo in un mondo fatto di roccia, di vento, di luci naturali e di scoperte. Da allora la voglia di sentire qualcosa di più, proveniente da questo, all'epoca, sconosciuto progetto islandese, era inarrestabile. Ebbene, l'attesa è finita.
Primo, chi è GlerAkur? Dietro a questo moniker si nasconde Elvar Geir Sævarsson, compositore e sound designer islandese che lavora essenzialmente col teatro nazionale del suo paese. Questo progetto era il suo contenitore di sperimentazioni e di idee. Ma la tremenda originalità dei suoi lavori ebbe un effetto tale che poco a poco fu fondamentale che la musica uscisse dall'ambito privato e diventasse usufruibile da tutti. Come? In due modi, il primo è grazie alla registrazione dei due lavori che possiamo trovare di GlerAkur ed il secondo è riuscendo ad apprezzare dal vivo queste composizioni. E qua si apre una parentesi fondamentale; l'unico modo di dare questa dimensione live è quella di avere un gruppo formato da quattro chitarristi, due batteristi ed un basso. Perché? Perché c'è una radice metal che si mescola con la parte di disegno sonoro, perché la via facile sarebbe tirare fuori dei lavori pieni di registrazioni programmate, di synth spaziali e quant'altro. Ma non è così dentro alla testa di Elvar Geir Sævarsson, la sua musica deve essere uno tsunami sonoro, dev'essere un'onda travolgente che non può lasciare nessuno immune. Deve esserci la potenza suonate, sudata e trascinata. Devono esserci sette menti che riescono a dialogare sulla stessa lunghezza d'onda.
Secondo elemento fondamentale, The Mountains Are Beautiful Now è una riproposizione delle composizioni di Elvar Geir Sævarsson per l'opera teatrale Fjalla-Eyvindur og Halla. Quest'opera, degli inizi del secolo scorso è un'opera islandese molto importante, crudele e sentita. In grosse linee narra la storia di un fuorilegge che nella sua sfuggita s'innamora e diventa padre rifugiandosi nelle montagne, ma quando viene braccato si vede costretto a uccidere uno dei suoi inseguitori e la sua moglie fa altrettanto con la loro piccola figlioletta, per evitarle di vivere una vita di persecuzioni. La morale è che la società trasforma gli uomini in bestie, la natura trasforma gli uomini in bestie, l'amore trasforma gli uomini in bestie. Insomma, non si può mai sfuggire da quello che siamo, da quell'impulso interno che cerchiamo di tenere sotto controllo.
Avendo a disposizione queste informazioni possiamo addentrarci dentro a The Mountains Are Beautiful Now. Quello che penso che sia chiaro a tutti è che siamo di fronte ad un disco estremamente visivo, uno di quei lavori che non ha bisogno di parole per raccontare tante cose. Ma qua la cosa si fa interessante. Come si può comporre la colonna sonora di una storia così forte? Credo che le vie sono pressoché infinite.La via scelta da GlerAkur è una via interessantissima che porta intrinseca la provenienza geografica. Per quello c'è molto post rock e ambient nella loro musica ma ci sono altri elementi fondamentali. Anche qua è d'obbligo far riferimento ad un'altra informazione. Lo stesso Elvar Geir Sævarsson dichiara che per suonare con lui bisogna seguire due regole: suonare semplificando al massimo quello che si suona e ripetere a loop le frasi che vengono fuori fino a riuscir ad entrare in pieno dentro al mood di quello che si sta suonando. In altre parole le cinque tracce di questo disco si costruiscono su composizioni cicliche che si arricchiscono o si spogliano fino ad arrivare a trasmettere il loro scopo. Per quello c'è tanto di drone music dentro a questo disco. Ma c'è ancora altro. La accurata ricerca sonora porta questo disco ad avere delle chitarre così tanto trattate da diventare un nuovo materiale sonoro da modellare, e molto di quel materiale prende ispirazione al suono del black metal. Cioè chitarre distorte, taglianti e pesantissime. Ecco la componente più cupa e bestiale di questo disco.
Forse il caso di GlerAkur è uno dei casi dove più si capisce come confluiscono una serie di generi per crearne uno nuovo. C'è una forte impronta islandese in questo The Mountains Are Beautiful Now ma c'è anche una forte componente cinematografica. Queste due linee non bastano a dare tutta l'originalità dovuta ed è a questo punto che si aggiunge un terzo mondo fondamentale: quello del metal che prende la bestialità e l'irrefrenabile forza del black metal. Ecco, con questi tre elementi sarebbe facile perdersi e rifinire rimediando un bel pasticcio. Nel caso di questo disco, invece, quello che viene fuori è sorprendente, perché certi elementi tracciano la strada e gli altri la addobbano in modo di renderla unica. Questo è un amore bestiale, tanto bello quanto distruttivo.
Anche in questo caso mi è ben difficile far prevalere certi brani sugli altri. Di queste cinque tracce una la conoscevano già, si tratta di Can't You Wait, brano che aveva regalato titolo all'EP di esordio del progetto. Per quello delle quattro altre canzoni vi faccio un piccolo riassunto di quello che racchiude ognuna di loro.
Il disco si apre con un brano strepitoso intitolato Augun Opin. Il tappetto di chitarra sul quale si adagia tutto il resto è bellissimo. Qua vediamo come il ruolo di una delle quattro chitarre sembra rimpiazzare quello che potrebbe essere fatto da un synth, ma è questa la bellezza, l'elemento d'avanguardia che ricorda quello che viene fatto in band strepitose come i King Crimson o i Gordian Knot. E' un mondo fatato reso musica.
La terza traccia è HallAlone e personalmente è il brano che mi ha lasciato qualcosa in meno con rispetto a tutti gli altri. Il suo inizio è assolutamente drone diventando un sottile crescendo di musica, di fraseggi arpeggiati, di ossessive reiterazioni.
Strings è uno dei punti più alti di questo disco. Un brano lungo ben 15 minuti che da la dimensione perfetta di quello che musicalmente succede in Islanda. Infatti potrebbe perfettamente sembrare una canzone dei Sigur Rós con una differenza sostanziale, lì dove si ferma la spinta di questo ultimo gruppo e proprio lì che GlerAkur insiste, per quello le due batterie diventano una valanga che non vuole fermarsi, per quello i suoni si espandono fino a riempire tutto lo spazio. Bellissima
Il disco si chiude con Fagurt Er Á Fjöllunum Núna, ed è qua che i tre mondi dialogano magistralmente e che si capisce la bestialità autodistruttiva della storia narrata. Questo è un brano che inizia con la bellezza dell'amore, con intrecci preziosi di chitarre che regalano un tappetto fondamentale per lo scontro che avviene verso la fine. Su questa costruzione si sovrappone una parte perfettamente black metal di chitarre spinte al massimo nell'overdrive, delle due batterie che hanno intenzione di bucare il pavimento, perché? Perché la bestia ha vinto, e quando vince non rimane null'altro.
The Mountains Are Beautiful Now è molto di più di quello che sembra. Non è la "semplice" colonna sonora di un'opera teatrale "vecchia" cent'anni. Quello che strumentalmente ci viene regalato da GlerAkur è una metafora della vita, di quello che ciascuno di noi, in modo diverso, insegue, cioè la bellezza. Ma è anche il riflesso dell'anima bestiale che vive dentro di noi e che, quando prende il controllo, spazza via tutto quello che è stato costruito in anni ed anni. Questo è un disco che parla dell'essere umano, del nostro sforzo eterno di non essere più animali quando, in realtà, quella bestialità non ha solo a che fare con la natura ma semplicemente con la vita. Per quello si uccide, si distrugge, ci si scontra, ci si ossessiona e ci si mette sempre in conflitto, come se l'essere in conflitto con qualcuno o qualcosa fosse fondamentale. Ebbene sì, la bestia ha sempre il sopravento.
Voto 9/10
GlerAkur - The Mountains Are Beautiful Now
Prophecy Productions
Uscita 21.07.2017
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