(Recensione di Vol. III & IV: Cult of the Void dei SEER)
Forse una delle fonti d'ispirazione più importanti nella storia dell'arte è la natura. Quanti capolavori sono stati dipinti cercando di riprodurre o d'interpretare un paesaggio che s'insinuava di fronte agli occhi? Quante odi cantavano alla magnificenza di un evento naturale? E quante canzoni hanno riprodotto le emozioni che si provano di fronte alla bellezza infinita del nostro mondo? Come sempre è importante ricordare che facciamo parte della natura e dobbiamo rispettarla capendo qual è il nostro ruolo come parte di essa.
Ho parlato della natura perché è proprio lei a essere grande protagonista del disco che vado ad illustrarvi quest'oggi. Si tratta del secondo lavoro dei canadesi SEER ed ha per titolo Vol. III & IV: Cult of the Void. Come indica il suo nome questo disco dovrebbe essere la continuazione del primo lavoro della band, ma più che percorrere lo stesso sentiero quello che vediamo qua è un cambio di rotta ampliando tutti gli spazi della band. Tradotto in altre parole questo nuovo disco ci presenta un gruppo che ha cambiato pelle, senza per quello abbandonare del tutto quello che ha fatto in precedenza, per riuscir ad esprimere meglio le proprie idee ed i propri concetti musicali. Per quello questo disco presenta l'utilizzo molto presente di voci pulite e di un approccio più melodico con rispetto al lavoro precedente. Verrebbe facile pensare, come si fa molto spesso, che la band abbia ceduto a percorrere una strada molto più semplice, fatta di un linguaggio molto più semplice e dunque alla portata di tutti. Nulla più sbagliato. La nuova direzione dei SEER risponde alla voglia di esprimere al meglio il loro disco. Questo è un disco che sa di boschi, di fiumi, del crepitare del fuoco, dell'odore della terra umida, dei raggi di sole a prima mattina che piano piano svegliano il mondo.
Il punto di partenza con il quale i SEER si era presentato in società era un doom metal misto ad uno sludge metal. Questo binomio non scompare affatto in questo Vol. III & IV: Cult of the Void ma viene messo a pari livello di quello che possiamo chiamare un goth metal, cioè un metal con una fortissima componente oscura ma relativamente più diretto e vicino ad una concezione più rock. Anzi, aggiungerei che questo disco ha molti elementi che ci riportano indietro agli anni 90. Ma ci sono anche altre caratteristiche che bisogna assolutamente sottolineare in questo lavoro. Per esempio la coabitazione dell'elettrico con l'acustico. Per quello la prima parte di questo disco ci regala una serie di canzoni grintose, molto dirette, sempre piene di quell'oscurità molto ben concepita. Invece la seconda parte abbraccia dei suoni acustici dove l'intimità diventa protagonista. Ed è proprio questa coabitazione a fare di questo disco un lavoro molto completo. Come capita in molti casi l'esistenza di una delle parti esalta l'altra, e viceversa. La parte elettrica diventa ancora più diretta e grintosa, quella acustica sa invece d'introspezione e di luce tenue. Passiamo dal macro al micro, dal fascino di una montagna alla complessità di un microrganismo. Passiamo al fascino di perderci guardando le stelle a pensare a noi stessi, piccoli granelli di un insieme molto più importante.
Ecco, credo che il punto perfetto per capire questo disco stia nell'idea di macro e micro e nel labirinto pazzesco che nasce pensando al vuoto. Sono due concetti molto diversi e cercherò di spiegare meglio la mia tesi. Il vuoto è un concetto così difficile da spiegare che pensare proprio ad avere un culto verso di lui è una provocazione strutturale che può stuzzicare tante riflessioni filosofiche. Ma forse è proprio in mezzo a questo vuoto che si capisce che tutto e nulla ha senso. In altre parole, siamo dei leggerissimi granelli di sabbia e la nostra esistenza individuale sembra non significare nulla di fronte alla grandezza dell'universo, ma nello stesso tempo io mi ritrovo a scrivere le mie riflessioni venute fuori dall'ascolto del disco di cinque ragazzi canadesi, e tu, lettore, completi questo cerchio. Ecco, sicuramente questo processo non cambierà il destino del nostro mondo ma abbiamo stabilito una serie d'interazioni che non devono assolutamente sottovalutate. Questo è quello mi ha provocato questo Vol. III & IV: Cult of the Void dei SEER.
Vi ho parlato di due parti molto diverse di questo lavoro, di quella macro e di quella micro. Scelgo un brano per parte per spiegarvi cosa intendo.
Per la parte macro scelgo They Used Dark Forces. Credo che il titolo sia già molto chiaro. Siamo di fronte ad un brano che non scende a compromessi. Un brano sludge che prende quella forza scriteriata delle opere di quel genere ma la sua intenzione è anche quella di guidarci attraverso bui sentieri che sono quel che siamo e quello che è la grandezza del nostro mondo.
Per la parte acustica scelgo il brano che chiude questo lavoro, dal curioso titolo di संसार, termine hindi che indica il Samsara, cioè il ciclo infinito della vita. E' un brano bellissimo che da perfettamente l'idea di nascita, morte e rinascita. Perfetta chiusura del disco che ancora una volta dimostra che anche con sonorità acustiche è possibile toccare altissime vette sonore.
Vol III & IV: Cult of the Void è un disco molto completo, un lavoro che nasce con grande potenza per poi addentrarsi nell'anima di ciascuno. E' il nulla ma anche il tutto. E' il vuoto ma è anche la capacità di dare un senso ad ogni singola esistenza. Per quello ben venga l'evoluzione sonora dei SEER.
Voto 8/10
SEER - Vol III & IV: Cult of the Void
Art of Propaganda
Uscita 07.07.2017
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