(Recensione di Sorceress degli Opeth)
Qualche volta bisogna percorrere delle strade per capire dove si vuole arrivare veramente. Queste strade possono essere molto diverse, possono cambiare nel tempo e possono dar l'impressione di condurci da tutta un'altra parte, ma quando finalmente raggiungiamo la meta sappiamo che siamo dove vogliamo essere e che il viaggio, quasi odissea, è valso la pena.
Per gli Opeth questa metafora è più che valida. Per i vecchi amanti della parte death metal della band bisogna mettersi l'anima in pace. Da anni, ormai, è chiaro che per la compagine svedese i tempi di Deliverance, che vi abbiamo recensito qua, e compagnia bella sono finiti e sotterrati. Il problema è che il grosso cambiamento era sembrato di altissimo livello con Heritage, disco che col passo del tempo si è rivelato un lavoro di passaggio tra il passato e il presente del gruppo, ma con Pale Communion era sembrato troppo forzato, dando l'impressione che gli Opeth avessero cambiato vestito indossando delle veste che appartenevano ad altri. Per quello l'uscita di Sorceress doveva dare un po' di risposte sull'onestà musicale della band e sulla loro capacità di continuar a regalare dei dischi meravigliosi.
Come la domanda è molto impegnativa è meglio elencare una serie di elementi prima di tirar fuori un giudizio.
Sorceress è un disco con un'impronta marcatissima di quello che sono, e sono sempre stati, gli Opeth. Quell'insieme di progressivismo, di riff di chitarra devastanti che giocano a costruire delle montagne russe con il basso e la batteria, di dinamica esaltata tra parti lente ed altre veloci, di giochi di parte dove la band è prima intima ed acustica e poi sinfonica ed elettrica. C'è l'epicità, c'è l'impronta di mistero che è un altro marchio di fabbrica e c'è, soprattutto, la consapevolezza di star ascoltando dei musicisti pazzeschi, originali, tremendamente tecnici e concreti.
Quel che sembra, ascoltando questa nuova fatica, è che dentro alla testa degli Opeth oramai sia scattata un'intenzione chiara, cioè quella di cambiare estetica e tipologia narrativa, e questo discorso non si collega soltanto alla parte lirica ma anche, e soprattutto, alla parte musicale. E' come se da scrivere in stile H.P. Lovecraft abbiano iniziato a farlo alla Edgar Allan Poe. Non è una metafora casuale perché simbolizza perfettamente il prima e il dopo della band. Il genere, o essenza, è sempre lo stesso ma il modo di lavorarlo è molto cambiato. Prima gli Opeth erano molto più legati all'immaginario metal e tutto partiva da quel punto, erano molto più diretti come lo può essere un racconto di Lovecraft. Ora, invece, sono degli architetti di canzoni, e le loro costruzioni riflettono una poesia molto più presente che si traduce nel tipo di arrangiamenti e nello sviluppo delle canzoni. Essenziale è il ruolo della tastiera, strumento che si presta a dare il contributo preciso in questa nuova volontà.
L'esercizio di "critica" di questo disco diventa, dunque, abbastanza difficile perché un conto è se si tratta dell'opera prima di un gruppo ed un altro conto è, invece, dover metterlo a confronto con una storia ricca di dischi meravigliosi che avevano, spesso, delle sonorità diverse. Spesso è il tempo a dare le migliori risposte ma su due piedi posso affermare che Sorceress è un disco molto bello, suonato meravigliosamente e che ha certi brani encomiabili che fanno vedere il meglio degli Opeth, ma fatico a elevarlo come parte dei miei dischi favoriti della band. Questo perché, ed è un giudizio assolutamente personale, mi manca quella parte metal che era unica e bellissima e certi passaggi progressivi mi sembrano eccessivamente forzati come se fossero fatti da manuale, quando invece gli Opeth se ne fregavano dei manuali, o piuttosto erano loro a scrivergli. Forse sono diventato nostalgico, chi lo sa.
Come affermavo prima Sorceress ha dei brani che si candidano a far parte del repertorio classico della compagine svedese e, sicuramente, dal vivo avranno una grandissima resa. Io vi consiglio due.
Il primo è la title track. Brano che si apre con un'affascinante dialogo tra basso e tastiera giocando su melodia oscure che vanno a toccare il jazz. Lo sviluppo è ancora più interessante perché la ritmica schiacciante guidata dal riff di chitarra è veramente metal, quasi stoner. Stacchi, break, dialoghi, è tutto molto bello, è un brano che avanza con forza e concretezza. Ottimo.
Il secondo brano che vado a pescare è Strange Brew. E' una canzone che si lega perfettamente a tante altre canzoni degli Opeth che partono con un'intimità acustica piena di nostalgia per poi esplodere all'improvviso lasciando stupido l'ascoltatore. Sorprende ed affascina.
Ci siamo lasciati con una domanda essenziale, cioè se Sorceress restituisce o meno l'onestà musicale della band e se è a livello di altri grandi dischi degli Opeth. A nome mio ho risposto già alla seconda parte. Per me questo è un disco complesso, costruito con una qualità impressionante che dimostra che gli Opeth meritano tutto il rispetto che si sono conquistati, ma non riesce ad entrarmi nel cuore come è successo con altri loro lavori. Naturalmente questo parere non può, ne deve, essere condiviso da tutti. Per quanto riguarda la prima parte credo che la band è riuscita perfettamente a fare un disco "alla Opeth". Per certi versi questo lavoro è molto più vicino a Heritage, che a sua volta era molto più vicino al passato musicale del gruppo, che a Pale Communion. Come ho spiegato prima cambia la forma ma non il fondo.
Sorceress è un disco bellissimo, di una qualità musicale difficile da trovare, con una personalità ritrovata. Non sarà sorprendente vederlo negli elenchi delle migliore uscite di quest'anno. Ma è un disco che continuerà a dividere i fans degli Opeth tra i nostalgici e quelli che pensano che il presente è la miglior tappa di sempre. La palla passa a voi e, in un caso o nell'altro, ascoltate per bene questo disco perché merita tanto.
Voto 8,5/10
Opeth - Sorceress
Nuclear Blast
Uscita 30.09.2016
Sito Ufficiale Opeth
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