(Recensione di Hell dei Hell)
La scelta dei nomi nella musica è sempre un'impresa ardua. Come ho insistito più volte, molto spesso sembra che tutto sia già stato inventato e che c'è ben poco di nuovo da esprimere. Anche questo succede per quanto riguarda il dare un'identificazione a ciascun progetto. Per quello ci ritroviamo, spesso, ad avere delle omonimie che, ormai, in molti casi sembrano essere accettate. Ma per arrivare a quel punto indubbiamente la condizione deve essere quella che una particolare scelta di nome è la soluzione ideale e finale, che è una parola che racchiude tutto il concetto di un progetto musicale.
Intitolare il proprio gruppo Hell è una responsabilità ben grande. Non soltanto perché esiste già una band storica con quel nome ma perché è un nome tutt'altro che banale. E dunque, che cos'è "l'inferno"? Potremmo sbizzarrici elencando un'infinità di risposte ma quella che sembra essere più attinente a questa recensione è quella di chiedersi come tradurre il concetto d'inferno nella musica. In quella linea credo che questo disco, anch'esso intitolato Hell, possa essere una fedele dimostrazione di un'eventuale colonna sonora infernale.
Ma prima d'addentrarci in queste considerazioni bisogna contestualizzare la band della quale oggi vi parlo. Hell è praticamente un progetto solista, di un personaggio statunitense, che si cella dietro alle iniziali M.S.W. La band ha poi un insieme di musicisti che esprimono dal vivo quello che possiamo ascoltare nei quattro dischi registrati fino ad oggi. Un'altra particolarità sta nel fatto che questo disco sia omonimo al primo loro lavoro. Poca fantasia all'ora di cercare titoli o una mossa ben studiata e voluta? Io mi sbilancio per la seconda alternativa. Un po' come facevano i Led Zeppelin nei loro primi dischi anche qua c'è la volontà di non indirizzare eccessivamente l'ascoltatore con un titolo pesante, per quello diventa una scelta obbligata quella di lasciare quella parte sospesa, aperta a qualsiasi eventuale interpretazione.
Torniamo ad occuparci, invece, di quello che è questo disco e della domanda che è rimasta sospesa. Dal mio punto di vista questo lavoro ha molto d'infernale, diciamo che per un 90% ci catapulta completamente in una concezione sonora di quello che dovrebbe essere l'inferno, ma lascia delle piccole aperture che fanno intravedere qualcos'altro.
Come al solito queste aperture si traducono in contaminazioni, sempre preziosi. Nel caso dei Hell il punto di partenza, e dunque la loro musica infernale, proviene dal doom. Un doom suonato in modo d'incrementare quanto più possibile tutto quello che contraddistingue questo genere. Ritmiche stracciate e pesantissime, chitarre che non si avventurano mai al di là delle ottave più basse del registro chitarristico ed un basso che fa da collante a tutto quanto. Metteteci sopra delle voci infernali e la pesantezza, e sofferenza, che dovrebbe contraddistinguere l'inferno viene chiaramente visualizzata. Questo è quello che ci accompagna in gran parte di questo disco, ma, a sorprenderci, ci ritroviamo con due brani finali che si allontanano da questa prospettiva, soprattutto l'ultimo. E' lì che Hell in un certo modo diventa terreno e si collega con le emozioni. Tradotto in musica queste ultime due tracce abbracciano un certo discorso post rock o dark ambient, sempre con una marcata presenza gotica.
Tutti abbiamo nel nostro immaginario una definizione dell'inferno. Sia fantascientifica o reale è sempre lì, pronta ad accogliere quello che per ciascuno di noi può significare quel concetto. Ma credo che lo sforzo portato avanti nella maggior parte di questo disco è che Hell è una perfetta definizione di quel posto. La genialità, e la bellezza, di questo disco sta nel fatto che quando pensiamo che tutto vada in quella direzione veniamo sorpresi con delle aperture inaspettate, che passano dall'immaginario al reale. Perché, in un certo modo, tutti affrontiamo prima o poi il nostro proprio inferno.
Come ho detto, per me questo disco ha due parti molto marcate, quella immaginaria e quella reale. La prima è molto più importante perché ingloba gran parte di questo lavoro, ma io voglio pescare una canzone per parte.
Dunque l'inferno lo troviamo, per esempio, in Helmzmen, traccia d'apertura di questo album. Non c'è dubbio, il doom regna sovrano portandoci a passeggio tra paesaggi che parlano di desolazione, di resa totale, di nessun'uscita possibile.Tutto è schiacciante, tutto cerca di essere drastico quanto drastico è questo brano.
Per quanto riguarda la parte "reale" credo che Victus è un perfetto esempio. E' il brano più lungo del disco e nella sua prima parte sembra sempre in linea col restante materiale, ma arrivati a metà c'imbattiamo in una linea di chitarra arpeggiata che lascia spazio ad un arrangiamento di corde. E' questa intimità che diventa preziosa, perché non si tratta più d'immaginare quanto di sentire. Brano bellissimo.
E' interessante quello che mi capita spesso mentre scrivo. Parto con una certa idea ma, piano piano che le parole escono insieme al susseguirsi delle tracce, finisco per prendere delle strade abbastanza impensate. Ecco, per me Hell, in un primo momento, era un disco infernale, che non lasciava quasi spazio all'intensità di quest'idea. Ed invece facendo scivolare le parole mi sono ritrovato con un album di due anime, ed è grazie a questa seconda anima che questo disco diventa interessantissimo.
Voto 8/10
Hell - Hell
Sentient Ruin Laboratories
Uscita 11.08.2017
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