(Recensione di Mother Culture degli Avast)
Tutto inizio è una scommessa, è un buttarsi a capofitto dentro a un futuro auspicabile ma mai immaginabile fino in fondo. Solo i tonti presuntuosi dichiarano di trionfare ancora prima di vivere. L'inizio può essere una fine ma può essere anche una porta spalancata a una nuova realtà che supera l'immaginazione. La musica è piena d'inizi. Qualcuno luminoso, in tanti altri, invece, così cupi da chiudere qualsiasi sogno, da cancellare l'ambizione di essere completamente appagati. Ma l'inizio è anche un atto di coraggio, di voler buttarsi dentro al sogno che ognuno custodisce.
Indubbiamente se una casa discografica importante si fida di pubblicare il debutto di una band è perché nutre una grande fiducia nella stessa, perché crede che quello che musicalmente viene fuori è un "prodotto" che funzione, che è vendibile, che farà strada. Nel caso della Dark Essence Records, casa discografica norvegese, proprietaria di certe pubblicazioni notevoli dentro al mondo del metal, la sfida ha un nome: Mother Culture, primo disco degli Avast. Basta un singolo ascolto per capire come mai sia stata riservata una grande fiducia a questa band e a questo disco: questo è un lavoro di quelli che lasciano un segno. Un lavoro che svela una grandissima personalità e che, in certo modo, può rappresentare l'evoluzione di un genere "giovane" come il blackgaze. Questo perché nelle note che vengono fuori da questo disco c'è un'impronta nuova, una luce diversa che riesce ad illuminare degli angoli che fino ad adesso era rimasti nel buio. Come al solito questo pregio è dovuto alla volontà di mettere insieme tutta una serie di sensazioni sonore, congiungendo in un unico cerchio tutte le influenze e le inquietudini musicali che passano nella testa dei musicisti della band. Bisogna dire un grande grazie perché è così che si costruisce futuro, e questo genere di futuro è molto interessante.
Mother Culture diventa, quindi, il modo perfetto di capire qual è il messaggio musicale degli Avast. Un messaggio che, come dicevo prima, tende a spostare i confini del blackgaze grazie alla lungimiranza della band. Com'è normale pensare, da una parte questi confini s'indirizzano verso il black metal, genere che messo insieme allo shoegaze ha dato nascita al blackgaze. Arrivati a questo punto non c'è alcuna novità, che viene fuori con due aspetti fondamentali. Da una parte c'è il fatto che gli altri confini appartengano al terreno del "post", in concreto post rock e post black metal. Questo aspetto ci mette di fronte ad un lavoro imprevedibile, in continua mutazione. Un lavoro che è tanto devastante quanto incantevole. Pieno di bellezza ma crudo fino all'osso. L'altro aspetto fondamentale è quello che viene fuori considerando la radice musicale che ha lasciato un grande solco anche nel momento di comporre i brani. La band dichiara di avere una provenienza dal punk rock e l'hardcore, cioè generi asciutti, diretti, spregiudicati. Cosa c'entra tutto ciò con questo disco? Il fatto che sia un lavoro concreto, un lavoro che non si perde in innumerevoli sviluppi ma ha molto chiaro e definito dove dover andare. Il bersaglio viene centrato velocemente e con grande precisione.
Non bisogna assolutamente trascurare il fatto che Mother Culture è un disco concettuale che si rifà al libro Ishmael di Daniel Quinn. Libro che cerca di illustrare la relazione tra l'uomo e la natura, in una convivenza mai facile dove ogni parte sembra voler governare l'altra. Questo conflitto si sente costantemente, mettendo di fronte la parte black e quella post rock, come se la crudezza della prima si scontrasse con la bellezza della seconda. Ma il gioco interessante è che non è mai chiaro quale parte corrisponde alla natura e quale all'uomo.
Mother Culture è, dunque, un disco conflittuale. Un disco che si basa sulla più importante relazione di sempre, quella tra uomo e natura. Gli Avast sono abilissimi a mettere in risalto questo conflitto, a fare osservare tutto da diverse prospettive, non solo testuale ma soprattutto musicali. E, cosa più importante, da questo esercizio viene fuori un'evoluzione musicale che farà giovare tutti gli amanti del metal e di tutto il suo mondo, complesso, ricco e bellissimo.
Per dare l'idea dello spettro che abbiamo di fronte selezione due delle tracce di questo lavoro.
La prima è l'omonima traccia, Mother Culture, dove l'energia trascinante della parte black si mette subito in risalto dando l'idea all'ascoltatore di essere di fronte a un disco di post black metal. Ma bastano un paio di minuti per capire che, invece, il disco si nutre dalle sonorità del blackgaze. E dopo un altro paio di minuti ecco che tutto si evolve ancora una volta regalando una parte strumentale degna delle migliori band di post rock.
La seconda è An Earnest Desire dove le carte si capovolgono. Tutto inizio lento, bello, onirico ma l'incantamento non dura troppo perché il conflitto è sempre lì, protagonista assoluto di questo lavoro. Diventa tutto devastante, un'onda d'urto che non vuole ammorbidirsi.
Non ho alcun dubbio che ne sentiremmo parlare degli Avast e che se la loro strada procederà su binari dritti non sarà difficile individuarli come capisaldi di una corrente nuova dentro del metal. Mother Culture è un signore disco, tanto impattante quanto emozionante, tanto complesso quanto diretto, tanto dissacrante quanto speranzoso. Un primo LP che spalanca porte e che lascia con la voglia di ascoltare altro, perché l'anima è sempre affamata di fronte ad opere come questa.
Voto 9/10
Avast - Mother Culture
Dark Essence Records
Uscita 26.10.2018
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