lunedì 10 luglio 2017

A Stick and a Stone - The Long Lost Art of Getting Lost: perdersi, sempre

(Recensione di The Long Lost Art of Getting Lost dei A Stick and a Stone)


Ci sono piccole grandi rivoluzioni che l'umanità, poco a poco, si è conquistata. Per esempio la tolleranza sessuale e l'accettazione di qualsiasi scelta personale venga presa da ciascuno. Per quello, e grazie anche ai progressi in campo medico, chi nasce con la consapevolezza di non avere il genere sessuale giusto può intraprendere una strada che lo porti ad essere quello che veramente vuole essere. Credo che quelle persone sono veramente coraggiose ed abbiano un bagaglio di esperienze ricchissimo e che molto ci può insegnare.

Perché introduco questa mia nuova recensione parlando dei transgender? Perché uno dei due membri di A Stick and a Stone lo è, e non credo che si tratti di un dato aneddotico e basta. Credo che il sound particolare e ricercato di questa band si nutra del terreno particolare di qualcuno che ha cambiato sesso e che guarda il mondo da un'ottica unica. Il loro disco che sottopongo alla mia lettura è  The Long Lost Art of Getting Lost ed è la terza tappa nella storia di questo gruppo statunitense. La voce e mente di questo progetto risponde al nome di Elliot Harvey e si nota che la sua impronta è fondamentale nel risultato finale. La sua voce sembra più femminile che maschile ma si sorregge in una timbrica unica e molto interessante. Come è anche molto interessante la scelta strumentale che mette in primo pieno il basso e la batteria contando con interventi di violoncello che danno un carisma unico alla musica dei A Stick and a Stone, ricordando quello che viene fatto dagli Amber Asylum. Per capirci meglio posso dirvi che questo è un disco molto elegante, ben curato, di piacevolissimo ascolto dove la solitudine acquista delle tonalità vellutate. 


The Long Lost Art of Getting Lost


Sicuramente lo sforzo musicale della band tende ad abbracciare il mondo più cupo che si traduce in sonorità che hanno qualcosa di doom, qualcosa di metal d'avanguardia e una buona propensione di costruire oscuri, ma bellissimi, paesaggi musicali utilizzando al meglio gli impulsi del dark ambient. C'è qualcosa di molto intimo, di molto sentito in questo The Long Lost Art of Getting Lost. Non c'è alcun bisogno di urlare quello che si sente, basta dare la forza della poesia e dell'immaginario scelto per riuscir a far capire il messaggio. Come indica il suo titolo questo dei A Stick and a Stone è un album per anime solitarie che non sono in guerra col mondo perché hanno capito di poter costruirsi un proprio mondo, fatto di tutto quello che la maggioranza della gente rifiuta. Per quello c'è anche una specie di anti conformismo nella scelta strumentale di questo disco. Più che mai la base ritmica, basso-batteria, fa di collante perfetto a tutto il resto, facendo procedere con salite e discese le strutture musicali della band. A quello si aggiunge la voce unica e particolare di Harvey e gli interventi mirati delle corde. Tre mondi che s'intrecciano con l'intenzione di costruire qualcosa di unico. E ci riescono.

C' è qualcosa da spirito errante dentro alla musica di A Stick and a Stone, qualcosa che universalizza, e quasi divinizza, la loro musica. Quello che fanno non merita di essere qualificato con leggerezza ed urgenza cercando di paragonarlo a cose già sentite. Una cosa che mi ha chiamato molto l'attenzione è che citano tra le loro influenze Lhasa de Sela, strepitosa musicista multiculturale scomparsa prematuramente. Ecco, quella nostalgia universale presente nella musica di Lhasa è la stessa che si può ascoltare e soppesare in The Long Lost Art of Getting Lost. E' qualcosa che va sentito, che s'insinua fino al cuore, perché non è qualcosa di ragionato. Questo disco è uno specchio nel quale soltanto poche persone vedranno il proprio riflesso.


A Stick and a Stone

Due brani da vedere più nello specifico.
Quello che apre il disco e che si chiama Erosion. Curiosamente è forse il brano più energico dell'intero lavoro, anche se per questo non bisogna pensare che sia un brano "tirato". Si apprezza perfettamente l'equilibrio tra le parti dove ogni strumento sa cosa deve fare.
Il secondo brano è Hawk e lo scelgo perché permette di capire la particolarità e qualità della voce. Un brano pieno di pathos dove è fondamentale avere una guida forte e chiare come quella vocale. E' un brano più viscerale, dunque per niente facile.



The Long Lost Art of Getting Lost è l'esempio perfetto di quello che significa costruirsi un mondo a parte da quello convenzionale. Non si tratta soltanto delle caratteristiche del leader della band, o delle tematiche che vengono cantate; è proprio un modo di guardare il mondo con altri occhi, con la particolarità di voler esprimere qualcosa che è al di sopra di qualsiasi convenzionalismo, moda o corrente. Questo è uno di quei dischi che non hanno età, che vanno, e fanno, sempre bene. A Stick and a Stone ci insegnano a perderci, ed oggi quella è forse la miglior cosa che possa capitare.

Voto 8,5/10
A Stick and a Stone - The Long Lost Arto of Getting Lost
Sentient Ruin Laboratories
Uscita 21.07.2017

Sito Ufficiale A Stick and a Stone
Pagina Facebook A Stick and a Stone

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