mercoledì 28 dicembre 2016

Wolvennest - Wolvennest: dentro al vortice infinito

(Recensione di Wolvennest dei Wolvennest)


C'è una poetica molto particolare nei primi film dell'orrore. Come la tecnologia non consentiva grandi effetti speciali e l'impatto visivo si basava solo sul bianco e nero era fondamentale che qualcos'altro arrivasse allo spettatore lasciandolo incollato alla poltrona con la voglia di sapere cosa sarebbe successo sullo schermo. I filmati dell'epoca ormai sono iconici, e gli interpreti dei personaggi storici di quella "prima ondata" dei film dell'orrore sono passati alla storia. C'era del romanticismo, e la concezione di quello che doveva "spaventare" era legata a tematiche surreali, a mostri solitari vittime di un passato traumatico. Nulla a che vedere con l'attuale concezione di questo genere cinematografico.

La musica dei belgi Wolvennest è assolutamente in linea con la storia di quel cinema. E' una musica così visiva da suggerirci, senza alcuno sforzo, quell'immaginario bianco e nero, costruito su una narrativa romantica, di essere solitari ed incompresi che si scontrano con l'ignoranza della società. Ma dentro a questo bellissimo disco debutto c'è molto altro ancora. Wolvennest è un lavoro ipnotico che pesca molto dalle acque del krautrock. Prendendo, dunque, un taglio psichedelico che confina con l'oscurità. Cioè una cosmologia misteriosa, fatta d'ignoto. Per quello la loro musica viene associata ai primi gruppi di black metal norvegese. Ma questa comparazione si ferma solo a quest'aspetto perché musicalmente c'è ben poco da accostare a quel genere. 

Ván Records


Sono cinque le tracce che costituiscono questo disco omonimo. Tutte di imponente lunghezza, tra i sei minuti ed i venti, si sviluppano come la trama di uno dei film precedentemente citati. Misteriose, poetiche, cosmiche. In ausilio a quest'intenzione c'è la parte elettronica, forse quella più marcatamente anni 70, che contestualizza il discorso musicale dei Wolvennest. Il resto degli strumenti hanno il ruolo di creare dei veri e propri vortici sonori ce catturano l'ascoltatore senza lasciar alcuna via di scampo. Come uno di quelli mostri romantici che piano piano accerchiano la propria preda fino a non farla fuggire. E', appunto, la presenza di questi "vortici" la parte più interessante della musica della band. Lunghissimi loop fanno confinare tanti discorsi musicali. C'è del post rock, del doom, della new wave, del rock psichedelico ma nessuno in modo così importante da sovrastare gli altri o da mettere da parte la vera intenzione musicale della band. Su questa costruzione ossessiva della musica la voce trova terreno fertile per comportarsi in diversi modi. Per quello certi brani sono cantati con un tono stregato ed altri vengono recitati con l'intenzione di ricreare una voce che viene da lontano nel tempo. 

Il vortice sonoro. Quella è sicuramente la miglior definizione della musica che troviamo in questo Wolvennest. L'estrema lunghezza dei pezzi non pesa affatto perché è un rituale necessario. E' un bombardamento di motivetti oscuri che piano piano s'impossessano della nostra attenzione tralasciando tutto il resto. Ecco, siamo dentro al vortice. Ma dove ci porta questo vortice? Nell'ignoto, nei racconti senza tempo di luce tenue al calar del sole, di ombre che danzano col vento capriccioso e di strani luccichii indecifrabili. Al risveglio non è possibile sapere se quello che si è vissuto era reale o un semplice sogno. 

Ván Records


Mi tengo due brani da approfondire per voi.
Il primo è quello d'apertura di questo disco. Intitolato Unreal conquista l'ascoltatore sin dalle prime note. I synth psichedelici che danno l'ingresso al brano ci fanno capire sin da subito in che acque ci stiamo addentrando. In un certo modo è il brano più new wave dell'intero lavoro. La voce è squisita e lega perfettamente con la base strumentale intrinseca di quell'immaginario gotico puro, autentico e non esagerato. Ottimo brano.
Il secondo che vado a illustrarvi si chiama Out of Darkness Deep. E' la canzone più lunga del lavoro, supera i venti minuti, e la cosa pazzesca è che dopo l'intro molto ambientale ed oscura si basa sullo stesso loop strumentale. Potrebbe sembrare pesante, monotono e noioso ed invece non lo è per niente. Perché sopra a questa costruzione ciclica appaiono e spariscono sfumature. Le piccole variazioni nei giri danno un movimento piacevolissimo. Voce e chitarra giocano sfidandosi il protagonismo. Infatti questa è l'unica canzone ad avere un assolo di chitarra, assolutamente in linea con l'estetica del gruppo, quindi non virtuoso, non eccessivo ma molto curato e psichedelico. 20 minuti leggeri leggeri.



Potrei azzardare a dire che assistere ad un concerto dei Wolvennest diventerebbe un rituale collettivo guidato dalla band sul palco. Lo dico perché la loro musica ha quella forza. Ti cattura e non ti lascia, ti porta dove dice lei e tu sei un viaggiatore così assuefatto da non opporre alcuna resistenza. E' magia pure, e non sono in tanti a riuscirci. Cosmico, oscuro e squisito.

Voto 9/10
Wolvennest - Wolvennest
Ván Records
Uscita 27.01.2017


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