martedì 16 aprile 2019

Maraton - Meta: facile il difficile per amore alla melodia

(Recensione di Meta dei Maraton)


Dal mio punto di vista, quando si da vita a un progetto musicale, è fondamentale avere chiarezza di quello che si vuole fare. Ben poco importa quale sia questa caratteristica ma dev'essere l'elemento trascinante da difendere con l'anima. Quel minimo di decisione è quello che forgia la corretta strada di ogni progetto e serve come filtro tra chi deve andare avanti e chi, invece, è destinato a scomparire.

La definizione che viene fornita dai norvegesi Maraton, per quanto riguarda la loro musica, è che è una musica svergognatamente melodica. Come se quel protagonismo della melodia fosse uno sbaglio. Nulla di più erroneo! Se non fosse per quella capacità sicuramente questo loro debutto, intitolato Meta, non sarebbe mai diventato così magnetico come lo è. Grazie a quest'impronta questo disco penetra nella testa dell'ascoltatore, ricordandole che sarà impossibile non canticchiare i fraseggi che si sentono qui e là. Non solo, ma ci sarà da chiedersi come mai una band "nuova" sia riuscita a sfornare qualcosa di così solido e concreto quanto questo disco. Brani che scivolano perfetti, senza creare attrito, senza essere banali ma ritrovando una grande coerenza tra di loro. Questo è uno di quei classici dischi che possono essere ascoltati di getto dalla prima all'ultima canzone o che possono essere spulciati scegliendo un brano alla volta. Quello che rimarrà sarà sempre la stessa cosa: un suono fresco, moderno e che traduce in semplicità certi aspetti che, in realtà, non hanno nulla di semplice.

Meta

La musica di Meta s'ingloba nel rock progressivo moderno, quello che è nato dalle interpretazioni di gruppi come i Mars Volta, che invece di rendere prioritaria la parte "matematica" del genere si sono focalizzati molto di più sul risvolto emotivo che ne poteva venire fuori. Ma i Maraton non si fermano lì. Visto il peso specifico della melodia nella loro musica non nascondono la propria vicinanza al rock e pop, prendendo spunto da un'altra band che è riuscita a inglobare queste caratteristiche diventando un fenomeno mondiale, cioè i Muse. Nella mia personale osservazione mi sento di aggiungere un terzo nome, che non è tanto presente come i primi due ma che, penso, abbia delle tracce in comune con questo progetto. Mi riferisco ai Leprous e al loro modo di fare musica, riuscendo spesso a sintetizzare tutte quelle idee musicali in un bellissimo risultato. Per quello il complesso diventa facile, per quello rimane l'anima di ogni brano e non la sua complessa costruzione. Questo è il vero trionfo della band, del loro modo di essere e di porsi. 

Meta





Meta si trasforma, dunque, in un'abile dimostrazione di come circondare una melodia per costruire qualcosa di nuovo. Le nostre sono solo 12 e sono state usate e riusate mille volte. Per quello diventa fondamentale che gruppi come i Maraton abbiano la capacità di essere veri e propri architetti di novità. Per quello questo debutto ha una personalità che molte band faticano a trovare anche alla distanza di parecchi anni.

Maraton

Prendo due brani da questo lavoro ma come ho detto prima affrontarlo per intero è una prassi non solo corretta ma che si svelerà, anche, molto piacevole.
Il primo è Altered State. Forse il punto più alto di questo disco. Un brano che intreccia preziosamente le linee di basso e chitarra su una batteria trascinante. E come detto, e ripetuto, spesso, è la melodia quella a farla da padrone. Linea vocale, dunque, assolutamente originale, forte, funzionante, perfetta. Un brano bellissimo che cresce di momento in momento.
Il secondo è Spectral Friends. Anche qui rimane in grande evidenza quale sia il gioco musicale inseguito dalla band. Questa loro capacità di giocare con gli elementi del prog riuscendo a sintetizzarli e metterli in gioco come piccole pillole di grande effettività. Ancora una volta sarà impossibile smettere di canticchiare la melodia del brano.


Nel complesso discorso dell'evoluzione musicale non è mai semplice cercare d'indovinare e di indirizzare quello che è l'avvenire della musica. Più che altro bisogna sempre avere un occhio educato che riesca a scovare sin da subito la novità. Meta dei Maraton non sarà sicuramente il lavoro più d'avanguardia di questi anni, non darà nascita a un nuovo genere ma ci dimostra come sia possibile farsi erede di certe correnti musicali rendendole ancora più interessanti. E vi ricordo che parliamo del disco di debutto di questa band.



Voto 9/10
Maraton - Meta
Indie Recordings
Uscita 26.04.2019

lunedì 15 aprile 2019

Crowhurst - III: scavare e scavare nella terra nera

(Recensione di III di Crowhurst)


Nell'oceano di complessità che l'uomo è la musica deve sempre essere lo specchio fedele. Per quello bisogna diffidare da chi dice di ascoltare solo pochi generi o di chi non ascolta proprio musica. Essere vivo vuol dire mettere in gioco tutta una lunga serie di ascolti o, al massimo, il perdersi dentro a gruppi dove la varietà lo è tutto. Dove le cose si susseguono con una violenza crudele ma brillante.

III

III è il nuovo lavoro dello statunitense Crowhurst. Un lavoro che si nutre di collaborazioni illustri e della voglia di espandere quell'universo sonoro che ormai è già un marchio di fabbrica. Si parte dalla necessità di mettere in atto due sentimenti tanto potenti come devastanti, cioè il dolore e la violenza. Per quello tutto quello che si ascolta in questo disco è violento, distorto, immediato ma anche, e questo è il punto più importante, molto curato. Anzi, oserei dire che questo album è pieno di bellezza, una bellezza che sorge ancora con più chiarezza grazie al gioco di contrasti che si crea. Come quando scavando e scavando vengono fuori i tesori più luminosi. Ecco, la terra che ricopre questi tesori in questo specifico disco è una terra nera ma anche ferrosa. Una terra che non lascia passare la luce ma anche una terra che ha un profumo denso, zolfato. Ma quando, scavando e scavando, la terra va via quello che si vede è uno di quei oggetti ipnotici che prendono in mano tutto l'ambiente, come se nulla fosse. 

III

III è un disco che può sembrare ostico per via della combinazione tra black metal e noise. Un connubio che si esalta per via dell'intenzione oscura che ha dentro. Ma come detto prima c'è anche tutto un altro piano dove questo nuovo lavoro di Crowhurst prende tutto un altro colore, dove l'intimità non è più dovuta all'aspetto viscerale dei generi prima citati ma a una poetica quasi gotica e molto intensa, che intraprende anche chiaramente una strada dentro a quello che è l'avantgarde metal. Come se il primo passo dovesse essere quello di buttare giù i muri e una volta dentro le parole arrivassero al cuore, ancora più sentite di quanto fosse possibile. Questa è la bellezza di questo disco, un disco dove l'aspetto cinematografico è anche molto presente perché ogni brano vuole essere una traduzione musicale di un'immagine che c'è dietro. Ma il gioco interessante è che questo non è un disco con la pretesa di essere una colonna sonora. E' un disco che vuole essere un'interpretazione, una rilettura, un'opinione. Per quello aggiunge un altro elemento fondamentale, quello dell'onestà. Può piacere o meno, più allontanare l'ascoltatore troppo educato ma quello che invece verrà catturato non potrà fare a meno, perché forse quell'ascoltatore in concreto ha anche chili e chili di terra oscura che coprono l'essenza nascosta, alla portata solo di poche persone.

III

Penso che la chiave essenziale per capire questo disco sia la capacità o meno di ritrovarsi in esso. Lo sforzo musicale di Crowhurst avrà il suo perché soltanto quando questo III crei dei legami in chi lo ascolta, trovandosi di fronte ad uno specchio, a un modo di vedere la propria complessità trasformata in musica. Chi siamo? Cosa cerchiamo? Come ci ha forgiato il tempo e la vita? Forse proprio come questo disco, forse proprio come quello che c'è dentro. Se è così, allora bisogna tenerselo stretto, perché diventa una fotografia di quel che siamo.

Crowhurst

Prendo due brani strepitosi che vanno a tradurre fedelmente quello che ho voluto spiegare fino a ora.
Il primo è Self Portrait with Halo and Snake. Potrebbe sembrare un brano a metà strada tra il new age e il noise ma è molto di più. Per me questo è il punto più alto del disco, lì dove la parte d'avanguardia si esalta, dove la musica di nuovo urla che c'è qualcosa di nuovo, che non tutto è stato già inventato. Uno dei brani migliori di questo 2019.
Il secondo è The Drift. Anche se molto delle cose che vengono messe in gioco vanno nella stessa direzione del brano precedente in questo qui c'è un grado minore d'intimità ma non per quello d'intensità. Si tratta di un brano sentito, ipnotico come se fosse qualcosa di post rock cinematografico. Bisogna scivolarci dentro, bisogna farsi portare dalla corrente e tutto andrà bene, tutto, sempre.


III diventa così un disco che ha, anzi tutto una fortissima personalità. Non si nasconde, non cerca di essere quello che non è. E come quando si ha a che fare con una persona di carattere deciso o lo si ama o ci si sta alla distanza. Ecco, chi vorrà avvicinarsi alla musica di Crowhurst sentirà che molto di quello che c'è in questo lavoro è quello che ognuno di noi ha, quello che vogliamo, quello che siamo, quello che amiamo, quello che ci ha reso così come siamo, quello che ci differenza dalla maggioranza. 

Voto 9/10
Crowhurst - III
Prophecy Productions
Uscita 05.04.2019